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Gli imprenditori stranieri in Italia? In 10 anni, sono più che raddoppiati

A sottolineare l’importanza dell’impresa come veicolo di integrazione e promozione sociale è l’ultimo studio di Unioncamere e Infocamere

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La lettura imperante del fenomeno dell’immigrazione è di matrice emergenziale. Le tragiche “processioni” di profughi scappati alla guerra ed i barconi carichi di disperati che approdano (quando ce la fanno) nelle nostre coste hanno preso – giustamente – il sopravvento su tutto. Eppure c’è uno spaccato del fenomeno che merita, a nostro avviso, di essere indagato con più attenzione: quello che riguarda gli stranieri che, in qualche modo, ce l’hanno fatta. Il loro numero non è poi così ridotto, come testimonia il report confezionato da Unioncamere e Infocamere sugli imprenditori stranieri in Italia. Con dati tratti dal Registro delle Imprese delle Camere di Commercio aggiornati alla fine di marzo 2016.

imprenditori stranieri

Partiamo col precisare che lo studio ha preso in considerazione il campione rappresentato dai cittadini stranieri provenienti da Paesi extra Ue, rilevando che quelli che hanno cariche nelle imprese con sede in Italia (come titolari, amministratori o soci) sono 568.749. Si tratta di un numero importante, che segna un aumento del 53.6% in dieci anni. La quota più alta (pari al 21,6%) si trova in Lombardia dove si contano quasi 123 mila imprenditori stranieri. A seguire: il Lazio (11,9%) con 67.886 unità e l’Emilia Romagna (9,3%) che ne ha, invece, 52.698. Il popolo che ha tradito la vocazione imprenditoriale più marcata è quello marocchino: a guidare imprese che si trovano in Italia sono circa 78 mila, ma anche i cinesi (74 mila) e gli albanesi (44 mila) si sono dati da fare. Così come gli svizzeri e i bengalesi che vantano, rispettivamente, 43 mila e 39 mila amministratori o titolari di imprese.

Lo studio di Unioncamere e Infocamere ha, inoltre, certificato che il settore in cui gli imprenditori stranieri hanno scelto di scommettere maggiormente è quello del commercio (con vendita sia all’ingrosso che al dettaglio) dove operano oltre 207.500 cittadini extra Ue. Ma anche il mattone, inteso come settore edile, ha attirato un buon numero di imprenditori stranieri (98.252). In più di 55.850 hanno, invece, scelto di puntare sui servizi di alloggio e di ristorazione mentre 50.301 sono gli stranieri al timone di un’impresa manifatturiera.

Ma chi sono questi imprenditori che vengono da Paesi più o meno lontani? Tracciare un identikit preciso non è possibile, ma la fotografia scattata da Unioncamere ha rivelato che il 25% di loro (pari a 143.481 unità) è donna e che solo l’8,2% (pari a 46.655 unità) ha meno di 30 anni. Ne consegue che la stragrande maggioranza del campione analizzato è rappresentato da uomini che, con ogni probabilità, hanno superato da un pezzo gli “anta”. E infine, i dati che non ti aspetti: il Molise e la Valle d’Aosta sono le due regioni italiane a vantare la percentuale più alta di imprenditrici straniere rispetto al campione totale (il 33,7%), mentre la Calabria quella con la quota più significativa di under 30 (10,9%).

I numeri e le percentuali messi in fila dallo studio non offrono, ovviamente, una panoramica esaustiva. A rimanere fuori sono, infatti, le tante realtà commerciali e para-imprenditoriali che si muovono al di fuori della regolarità. Ma forniscono comunque (come accennato all’inizio) uno spaccato che può aiutare ad analizzare, con minore approssimazione, il fenomeno migratorio. Marcando l’accento su elementi che non hanno nulla a che fare con l’emergenza umanitaria che deve, ovviamente, rimanere al centro dell’attenzione politica e sociale. “La foto aggiornata che risulta dalla lettura dei numeri – si legge nel comunicato stampa diffuso da Unioncamere a corredo del report – evidenzia il progressivo rafforzamento della presenza di immigrati nel tessuto imprenditoriale nazionale. Un processo che conferma l’attitudine dell’impresa a essere veicolo privilegiato di integrazione e promozione sociale per chi arriva nel nostro Paese”.

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