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La regola di Gio: il passaggio generazionale in azienda

La regola di Gio racconta il passaggio generazionale di un’azienda familiare con al centro un uomo solo.

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Scritta da Emanuele Lumini ed edita da Guerini,La regola di Gio” è una business novel che racconta le vicende di un uomo di successo che si trova improvvisamente alle prese con la scelta obbligata di cambiare radicalmente il suo comportamento e le sue abitudini. Il libro si concentra sulle vicende di Giorgio, un imprenditore ormai anziano, ma ancora molto attivo e soprattutto molto ricco. Il tipico uomo che si è fatto da solo e di cui nessuno ha potuto fermare la scalata al successo. A 77 anni compiuti Giorgio si trova però ad aver a che fare con una situazione che non gli si era mai presentata prima.

La regola di Gio

Giorgio e la bella vita

Oltre ad essere un imprenditore affermato, a Giorgio piaceva la bella vita. Proprietario della Alset Fashion, che opera nel campo dei cosmetici, Giorgio non si faceva mancare nulla: belle auto, cene costosissime, viaggi in posti da sogno, club esclusivi e via dicendo. Il tutto quando possibile condiviso anche con i suoi tre figli: Pietro, Marina e Silvana. Tutti e tre ricoprivano ruoli apicali all’interno della Alset, così Giorgio aveva voluto. Prima la famiglia, era la sua regola. Ciò voleva dire che dentro la sua impresa comandava prima di tutto lui, che decideva tutto e sempre, ma anche che i figli, che a prescindere dalle loro competenze e dalla loro preparazione ricoprivano comunque ruoli fondamentali.

Questo lo faceva sentire sicuro. Il fatto di avere tutto in mano e contemporaneamente il fatto che quelli con cui doveva interagire erano praticamente solo i figli, che per giunta non controbattevano mai, era una sorta di garanzia di avere un controllo totale sull’impresa. I figli non contestavano mai un po’ perché lui li aveva abituati così, un po’ perché pure a loro la situazione andava sostanzialmente bene. Accanto a Giorgio c’era il suo commercialista, Carlo, quello che possiamo a ragione definire un angelo rompiballe. Rompiballe perché diceva insistentemente a Giorgio cose che lui non voleva sentirsi dire, angelo perché era proprio quello che serviva dirgli, si scoprirà poi leggendo il libro.

La bella vita di Giorgio infatti non era solo fatta di hobby e lusso, ma anche e soprattutto di lavoro. Era uno di quelli che di impegnarsi non finiva mai ed in questo modo era arrivato a costruirsi un impero inventandosi una politica dei prezzi che i clienti avevano fortemente apprezzato. Dato che per tutti andava tutto bene, nessuno aveva mai pensato di far notare a Giorgio che forse qualcosa cominciava a non girare per il verso giusto. A parte Carlo. Ma cosa c’era che non funzionava più in questo quadro apparentemente perfetto con un uomo solo al comando? A non essere più quelli di prima erano gli utili dell’azienda. Il fatturato era ok, ma ciò che restava nelle tasche era sempre di meno. Eppure a Giorgio interessava poco e continuava a fare la sua vita da privilegiato che si era auto-costruito, a dirla tutta con non trascurabili sacrifici.

 Il libro racconta di uno scontro prolungato tra Giorgio e Carlo, con il secondo che cerca di fargli capire in tutti i modi che così non può andare avanti ed il primo che pur apprezzando le parole e la sincerità di Carlo fatica molto ad accettare l’idea che non possa più fare tutto lui, non perché non sia più in grado ma perché il mondo è cambiato e si sono rese necessarie competenze più specifiche e diversificate. Questo sarà oggetto di una profonda riflessione da parte di Giorgio, soprattutto a seguito di un brutto episodio capitatogli all’improvviso.

Il senso del libro

La regola di Gio non va letto come un mero libro di fantasia che narra le vicende di un uomo di successo alle prese con i cambiamenti della società, è una sorta di manifesto del passaggio generazionale che molte aziende hanno voluto, o anche dovuto affrontare negli ultimi anni, anche in Italia dove la piccola e media impresa la fa da padrona e l’azienda di famiglia è ancora molto rinomata e apprezzata. Le vicende di Giorgio e Carlo sono inventate, ma potrebbero tranquillamente essere vere. Un uomo che dopo aver lavorato un’intera vita ed essersi costruito un impero si trova davanti alla scelta di dover necessariamente delegare ad altre persone che non sono i suoi figli ma emeriti sconosciuti che però hanno la preparazione, la formazione e le competenze che servono per evitare il crollo di un’impresa che sta vedendo i suoi margini restringersi sempre più.

Se ci si pensa un attimo, questa è una situazione che facilmente un gran numero di imprese ha vissuto o sta ancora vivendo nella realtà: il dover cambiare pelle per cause di forza maggiore. Il dover accettare il fatto che non si possa più fare sempre tutto in famiglia ma è ormai una tappa obbligata servirsi di personale formato per il mercato attuale. Quest’ultimo guarda a valori come l’ambiente e la sostenibilità sociale dell’impresa, così come l’importanza del marketing e dei servizi, piuttosto che perseguire solamente la politica del prezzo più concorrenziale, che si basa su un’attrazione immediata del cliente.

Un gran numero di realtà imprenditoriali con il passare del tempo ha dovuto modernizzarsi, aprirsi a nuovi mercati cambiando non solo le persone, ma l’intero modo di ragionare e quello di fare impresa. La regola di Gio riesce ad entrare molto bene in un’ipotetica contemporaneità vissuta da personaggi finti ma molto realistici, attraverso ad esempio un gran numero di discorsi diretti che rendono bene al lettore le interazioni tra i personaggi stessi, mettendo in luce il motivo concreto per il quale un’azienda gestita in modo familiare potrebbe avere difficoltà ad innovarsi e quindi a riuscire poi a stare sul mercato.

La regola di Gio: pregi e difetti

Indubbiamente, il pregio più grande del libro a nostro parere è quello che riguarda la grande capacità dell’autore di descrivere i personaggi fin nei minimi dettagli, sia dal punto di vista più esplicito dei loro comportamenti, che da quello più complicato da rendere attinente alla sfera psicologica. Lo sviluppo e la conclusione del testo si capiscono perfettamente perché sono molto centrati sul personaggio principale, Giorgio, e quest’ultimo è raccontato, sviscerato, consegnato ai lettori da Lumini in maniera tecnicamente perfetta. Non c’è nessun lato oscuro o poco comprensibile in Giorgio, di lui, nel bene e nel male, si sa tutto e si sa anche il perché è così. Si sa inoltre come comunica con gli altri, grazie al grande utilizzo di molto ben impostati discorsi diretti.

Questi ultimi mostrano in maniera inequivocabile lati del carattere di Giorgio non esattamente immediati. La stessa cosa, anche se in maniera meno consistente come è ovvio che sia, avviene con i personaggi secondari: Carlo, i figli di Giorgio e alcuni altri dall’importanza decisamente minore. Ciò rende il libro molto gradevole nonostante la lunghezza delle parti descrittive, in quanto queste ultime si rivelano fondamentali per la trama stessa, che appunto potrebbe tranquillamente descrivere situazioni realmente accadute.

Difetti veri La regola di Gio non ne ha, ma volendo per forza trovare qualcosa da dire viene da sostenere che il libro avrebbe potuto essere più lungo. La conclusione (che ovviamente non raccontiamo) è netta ed inequivocabile, non lascia niente in sospeso, ma forse si sarebbe potuti proseguire raccontando un “dopo” che probabilmente sarebbe stato interessante conoscere. Detto questo, se si vuole comprendere a fondo perché molte imprese faticano ad innovare ed a stare sul mercato, e faticano così tanto che in alcuni casi arrivano addirittura a chiudere quando non a fallire, La regola di Gio è senza dubbio un testo molto rappresentativo di questa porzione di realtà imprenditoriale.

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