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Lavoro giovani, il 30 per cento non ha un posto fisso

L’Istat ha contribuito, ancora una volta, a porre luce sul fenomeno della precarietà, dilagante tra i più giovani. Nel corso del secondo trimestre dell’anno, sottolinea l’Istituto Nazionale di Statistica, tre giovani su dieci sarebbero titolari di un contratto di lavoro a termine, con una proporzione che è pressochè doppia rispetto alla media. A pesare è …

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L’Istat ha contribuito, ancora una volta, a porre luce sul fenomeno della precarietà, dilagante tra i più giovani. Nel corso del secondo trimestre dell’anno, sottolinea l’Istituto Nazionale di Statistica, tre giovani su dieci sarebbero titolari di un contratto di lavoro a termine, con una proporzione che è pressochè doppia rispetto alla media. A pesare è sicuramente l’effetto della congiuntura negativa, con le aziende che – nel dubbio valutativo sul futuro a breve e medio termine – prediligono le assunzioni a scadenza, evitando in tal modo di creare un legame a tempo indeterminato con il proprio dipendente.

Stando ai dettagli statistici dell’Istituto, infatti, nel corso del periodo aprile – giugno 2012, i dipendenti a termine di età anagrafica compresa tra un minimo di 15 anni e un massimo di 34 anni avevano già superato la soglia di 1,3 milioni di unità, con un incremento su base annua pari al 5,4 per cento, su un totale di oltre 4 milioni e 700 mila dipendenti.

La quota dei dipendenti “a scadenza” sul totale risulta così esser pari al 27,9 per cento, contro una media complessiva (cioè, la valutazione che tiene conto di tutte le fasce d’età anagrafica) pari al 14,2 per cento. Sempre secondo quanto affermano i dati statistici, solamente nella fascia tra i 25 e i 34 anni i lavoratori senza un posto fisso sarebbero oltre 800 mila unità.

A preoccupare è tuttavia soprattutto il rialzo significativo determinato dai più giovani, quelli di età inferiore ai 25 anni, che in un solo anno portano in incremento il numero dei dipendenti a termine del 6,7 per cento. In tale fascia d’età anagrafica, prosegue l’Istituto, la quota di contratti a termine ha superato la metà del totale dei rapporti di lavoro. Molto negativi anche i dati sulle “quote rosa”, con l’incidenza dei senza posto fisso che risulta essere notevolmente maggiore tra le giovani donne (il 30,3 per cento) rispetto a quanto accade nella componente maschile (il 26 per cento).

Ne consegue un giudizio complessivamente precario della tenuta dei contratti di lavoro a tempo determinato, con i dipendenti senza l’agognato “posto fisso” che sono portati in incremento – trimestre dopo trimestre – dai nuovi ingressi tra i giovanissimi. A conferma di ciò, basti ricordare come nel secondo trimestre del 2004 il peso dei dipendenti precari under 35 non arrivava al 20 per cento, e che solo lo scorso anno riusciva invece a toccare già il 25,6 per cento.

Ad arricchire (e complicare) il novero statistico dei dati processati dall’Istat, anche le forme di lavoro atipico, con i dipendenti a tempo determinato che portano a includere anche i collaboratori e le altre forme di lavoro atipico in fase di emersione, come le false partite IVA o le associazioni in partecipazione.  

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