Home » News Lavoro

Lavoro minorile: il nesso con la povertà

Secondo l’Ilo, è un fenomeno che coinvolge 200 milioni di minori in tutto il mondo. Molti vengono sfruttati e privati dei diritti più elementari. Anche in Europa

Condividi questo bel contenuto
lavoro minorile
image by tusharkoley


Del fenomeno se ne parla poco, almeno nella “civile” Europa che pensa di essere al riparo dalle forme di sfruttamento che costringono i più piccoli a lavorare. Eppure, stando ai dati forniti dall’Ilo – l’Organizzazione internazionale del lavoro che si batte per un lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza e sicurezza – si tratta di una “piaga” seria che coinvolge, in tutto il mondo, 200 milioni di giovani e giovanissimi.

Quando il lavoro diventa sfruttamento

E non è la notizia peggiore. Tra questi minori, ben 8 milioni sono impiegati in forme di lavoro estreme, costretti ai lavori forzati e ridotti a veri e propri schiavi. Molti vengono sfruttati sessualmente o coinvolti nel traffico di stupefacenti e non mancano coloro che vengono arruolati negli eserciti come bambini-soldato. Ma qualche spiraglio si può intravedere perché, stando alla fotografia scattata dall’Ilo, il lavoro minorile risulterebbe in calo. Negli ultimi 15 anni, infatti, molti Paesi sembrano aver preso consapevolezza del problema e hanno dimostrato di volerlo, almeno in parte, risolvere.

Il quadro europeo

Ma non si può parlare di lavoro minorile senza parlare di povertà. Se anche i giovanissimi sono costretti a trovarsi un impiego è perché, quasi sempre, quello che fanno mamma e papà non basta a sfamare tutti. E di minori poveri anche l’Europa è piena. Secondo i dati forniti dall’Eurostat, ci sono bambini esposti al serio rischio di povertà e di privazione in almeno 20 Stati membri dell’Ue. A svettare tra tutti è la Bulgaria, dove il 51,5% dei minori rischia di diventare povero, seguito dalla Romania dove la quota si ferma al di sotto del 49%. Ma anche nel Regno Unito di Sua Maestà la percentuale risulta allarmante e raggiunge il 32,6%. Lo screening dell’Eurostat dimostra insomma che nessuno può considerarsi immune. E che, se si vuole porre un argine alla crescita del rischio indigenza che può costringere anche i più piccoli ad andare a lavorare, bisogna analizzare nel dettaglio il quadro. Il rischio povertà cresce nelle famiglie in cui i genitori faticano a trovare un impiego fisso e in quelle con uno scarso livello di istruzione. Ma a incidere è anche il numero dei componenti (più una famiglia è numerosa più rischia di essere povera), oltre agli scarsi interventi di welfare messi in atto dai vari Paesi per sostenere le fasce più deboli della popolazione.

Privazioni pericolose

Non solo: avere un solo genitore o un genitore straniero espone maggiormente i minori europei al rischio privazione. Che, lo ricordiamo, non contempla solo la difficoltà di mangiare bene o di acquistare vestiti firmati, ma anche l’impossibilità di partecipare ad attività di primaria importazione per la formazione dell’individuo. Se si proviene da una famiglia povera e, nel peggiore dei casi, si è costretti ad andare a lavorare, non si può frequentare regolarmente la scuola, si viene privati del diritto al gioco e allo svago e si rimane esclusi da una serie di iniziative che possono favorire la socializzazione tra i coetanei. Contribuendo così a esasperare lo scarto tra chi sta bene e chi rischia di impoverirsi anche interiormente.

Cerchi un nuovo lavoro?

Per avere sempre offerte di lavoro reali e verificate nella tua casella email in linea con le tue esigenze: Registrati su Euspert Bianco Lavoro

 

Condividi questo bel contenuto
× Eccomi!