E’ un’istantanea confortante quella consegnata ieri dall’Inps che ha reso noti gli ultimi dati dell’Osservatorio sul precariato, relativi al periodo compreso tra gennaio e settembre del 2015. L’elemento più interessante riguarda sicuramente l’aumento dei contratti a tempo indeterminato – che secondo l’istituto di previdenza, sono cresciuti di 496.393 unità in un anno – ma trattandosi di una sfilza di numeri e percentuali, sarà bene procedere con ordine.
Più assunti che licenziati
Partiamo dalle assunzioni a tempo indeterminato che, nel periodo preso in considerazione dall’indagine, sono aumentate di 340.323 unità rispetto al 2014. Così come sono aumentate, seppure in maniera più contenuta (+19.119 unità), le assunzioni a tempo determinato, mentre i contratti in apprendistato sono diminuiti di quasi 33 mila unità. Ancora: il saldo assunzioni/cessazioni (che tiene conto di tutte le tipologie di contratto: a tempo indeterminato, a termine e in apprendistato) ha segnato un bilancio positivo di quasi 600 mila unità, facendo registrare un risultato più rotondo di quello rilevato nel 2014, fermo a 310.595 unità. In pratica, secondo l’Inps, nei primi 9 mesi dell’anno, il numero delle assunzioni ha superato quello dei licenziamenti. E veniamo ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato: secondo i calcoli dell’Osservatorio, tra gennaio e settembre, ne sono stati avviati 1.330.964, il 34,4% in più rispetto all’anno precedente. E le trasformazioni? Il numero dei contratti a termine e in apprendistato “convertiti” in contratti a tempo indeterminato è aumentato di oltre 371 mila unità pari al 18,1%. Quanto alle cessazioni, anch’esse sono aumentate di 25.889 unità. A conti fatti, basandosi sulle cifre rilevate dall’Inps, i contratti a tempo indeterminato sono aumentati quindi di 496.393 unità, segnando un significativo avanzamento rispetto al +98.046 registrato nei primi 9 mesi del 2014.
La distanza tra il Nord e il Sud
L’indagine dell’Inps ha dunque rilevato una crescita della percentuale del lavoro stabile, passata dal 32% del 2014 al 38,1%. Un trend che ha coinvolto anche i giovani sotto i 29 anni: se l’anno scorso, infatti, solo il 24,4% di loro ha avuto la fortuna di firmare un contratto a tempo indeterminato, nei primi 9 mesi del 2015, lo ha fatto invece il 31,3%. E ad aumentare di poco (dello 0,9%) è stato anche il lavoro full time. Ma quali sono state le regioni nelle quali la quota di contratti a tempo indeterminato è cresciuta di più? A superare ampiamente la media nazionale del 34,4%, sono stati il Friuli Venezia Giulia (+82,0%), l’Umbria (+59,6%), il Piemonte (+54,4%), le Marche (+52,8%) e l’Emilia-Romagna (+50,1%). Ma buoni risultati sono stati centrati anche in Trentino-Alto-Adige (+48,7%), in Veneto (+47,8%), in Liguria (+46,0%), nel Lazio (+41,1%), in Lombardia (+39,0%), in Basilicata (+35,9%), in Sardegna (+35,4%) e in Toscana (+34,9%). Mentre il Sud è rimasto indietro: in Calabria, i contratti a tempo indeterminato sono aumentati del 17,1%, in Puglia del 15,8% e in Sicilia solo del 10,8%.
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