Nel terzo rapporto sulla discriminazione l’ILO evidenzia come la crisi economica e finanziaria mondiale si è tradotta, in una grave crisi dell’occupazione con un aumento dei rischi di discriminazione contro determinate categorie di persone tra cui: le donne, i lavoratori migranti, i disabili, i giovani, gli omosessuali ecc.
Le donne guadagnano il 10-30% in meno degli uomini, secondo quanto riferisce il Rapporto e continuano a subire differenze di trattamento in termini di tipologia di impiego a cui possono accedere, remunerazione, condizioni di lavoro e opportunità di accesso a posizioni di responsabilità: in media guadagnano il 70-90% di quanto guadagnano gli uomini.
Nonostante i progressi raggiunti in termini di istruzione il divario salariale esiste ancora e le donne continuano ad essere maggiormente impiegate in lavori poco retribuiti.
Da un lato si legge nel rapporto che sono state introdotte misure sulla flessibilità degli orari di lavoro come esempio di politiche a favore delle famiglie, dall’altro lato la discriminazione legata alla gravidanza e alla maternità rimane un problema diffuso. Dati recenti mostrano, che 829 milioni di donne nel mondo vivono in povertà, mentre la cifra equivalente per gli uomini è di 522 milioni.
Anche i lavoratori immigrati risultano tra i discriminati nell’accesso all’impiego e nel lavoro e in molti paesi sono esclusi dai sistemi di protezione sociale. Le discriminazioni per motivi di lavoro inoltre riguardano per larga parte dei 650 milioni di persone con disabilità, come è dimostrato dal basso tasso di occupazione di questa categoria.
Sempre secondo quanto riportato nel Rapporto dall’ILO, nel lavoro stanno emergendo nuove forme di discriminazioni: le giovani donne, non autonome finanziariamente, single o divorziate, e le lavoratrici migranti sono i gruppi più vulnerabili; tra gli uomini le vittime sono il più delle volte i giovani, gli omosessuali e i membri delle minoranze etniche o razziali.
Gli ostacoli che impediscono il libero accesso al mercato del lavoro devono essere ancora rimossi.
Cresce il numero di donne e uomini discriminati per motivi religiosi, mentre la discriminazione per ragioni di opinione politica tende ad essere più frequente nel settore pubblico dove l’appartenenza alle idee politiche del governo in carica può facilitare l’accesso ad un posto di lavoro.
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