Nelle scorse settimane su praticamente tutti i media italiani ed americani è rimbalzata la notizia: alcune aziende negli USA richiedono ai candidati in fase di colloquio la password del loro account Facebook, per poter “sbirciare” nella loro vita e scoprire tutto quanto non è possibile vedere nel CV.
Questa storia mi ha incuriosito non poco, poiché una tale violazione della privacy e dei diritti fondamentali di un candidato in cerca di occupazione è davvero ai limiti della realtà. Anche pensando al fatto che spesso il candidato è colto in contropiede e tale richiesta può essere vissuta come un ricatto al quale soccombere se si vuole ottenere quel lavoro.
Se tale prassi dovesse prender piede in Italia, dove il lavoratore a colloquio è spesso molto indifeso ed i diritti scendono a zero… sarebbe la fine.
Morale: non ci ho creduto. Ho pensato ad una bufala. Ho passato così diverse ore a leggere le decine di articoli sui blog americani, i commenti ed i forum. Ho scambiato diverse email con candidati ed aziende americane ed ho parlato via skype con tre esperti del settore delle Risorse Umane che operano in differenti parti degli USA.
Risultato – Brutta notizia: non è una bufala, succede realmente. Buona notizia: non è un fenomeno diffuso tanto da poter essere considerato una prassi, ma anzi piuttosto limitato ed a realtà aziendali non certo di rilievo, diciamo che a volte, ma raramente, capita.
Ciò mi ha rincuorato, poiché da come avevo letto la notizia sui giornali italiani sembrava fosse una cosa talmente normale che quasi quasi… il candidato debba mettere la password sul CV per essere preso in considerazione. Assolutamente no.
Ciò che invece spesso accade è che il potenziale datore di lavoro richieda al candidato “l'amicizia” e molte volte lo fa prendendolo davvero in contropiede, cioè porgendogli un PC portatile in fase di colloquio e chiedendo di “connettersi” a lui via facebook, spesso apportando la giustificazione di “poter comunicare più agevolmente”.
Alcuni rifiutano, altri accettano. I più furbi e sgamati già avevano previsto il tutto ed hanno sistemato la propria pagina e le impostazioni “privacy” in modo tale da venirne fuori da “veri professionisti”.
Non a caso negli USA, ed ora anche in Europa, hanno preso piede delle vere e proprie aziende che si occupano di pulire e gestire la propria visibilità ed immagine sul web, esattamente come si fa per i brand aziendali.
Ho voluto fare un piccolo sondaggio tra gli utenti di Bianco Lavoro, cui hanno risposto in un migliaio. Alla domanda “daresti l'amicizia su Facebook ad un potenziale datore di lavoro?”, in modalità comunque differenti oltre il 70% si dice disponibile (la maggior parte tuttavia solo se l'interesse alla posizione è molto alto).
Detto questo, due consigli: 1) Rifiutarsi sempre categoricamente di fornire la password, nessuno la ha mai richiesta in Italia che io sappia, ma nel caso qualche imprenditore nostrano leggendo che “in America lo fanno” gli venisse in mente questa bizzarra idea… tenetevi pronti a rifiutare con fermezza. 2) Decidete di volta in volta se concedere o meno l'amicizia ad un potenziale datore di lavoro ed in ogni caso, curate bene la vostra pagina con tutte le impostazioni “privacy” studiate per bene (quali foto far vedere agli amici e quali no, se far vedere gli altri amici, etc…).
Il social network può certamente aiutare nel mondo del lavoro, ma… è sempre bene essere preparati e saper sfruttare a nostro favore le tecnologie offerte.
Marco Fattizzo: direttore di Bianco Lavoro
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