Ci sono persone che riescono a far emergere il meglio di noi. Che sanno scovare le nostre potenzialità e ci mettono nella condizione di esprimerle al meglio. Avere un collega collaborativo in ufficio può fare la differenza. Specie quando siamo appena arrivati e fatichiamo a coordinarci con il resto della squadra. Saper aiutare gli altri è un talento importante. Avere la lungimiranza di comprendere che il successo più importante non è quello che si ottiene in solitaria è faccenda da non sottovalutare. Per questo, molti selezionatori puntano a reclutare risorse dotate di “service orientation” che – grazie ai loro comportamenti propositivi – sanno rendere il lavoro dei colleghi meno duro. E che, a ben guardare, possono garantire guadagni più proficui all’intera azienda.
Ma che cos’è esattamente la “service orientation”? La predisposizione ad essere utili, premurosi e collaborativi con il vicino di scrivania. L’attitudine a pensare e preoccuparsi degli altri e ad operare in modo che il risultato arrivi, grazie al contributo di tutti. Una persona dotata di “service orientation” è una persona cortese e generosa, che non ha nulla a che fare con chi, invece, ama “remare contro” i colleghi e sembra godere dei loro insuccessi. Si tratta, in estrema sintesi, di andare d’accordo con gli altri e di sperimentare il piacere di dare una mano a chi è in difficoltà. Per farlo, non occorre compiere grandi imprese. Aiutare un collega che rischia di non rispettare una scadenza o dare qualche consiglio a chi fatica a relazionarsi con il capo può bastare a dimostrare che siamo persone votate a fare squadra. Che non lavorano per la “gloria personale”, ma per la crescita dell’intero gruppo. E che si preoccupano di mettere i colleghi nella condizione di dare sempre il meglio di sé.
Ma quali sono i tratti che caratterizzano una risorsa dotata di “service orientation”? Partiamo dalla pazienza, senza la quale nessun lavoratore (per quanto ben intenzionato) potrà mai riuscire ad essere d’aiuto ad un altro. E continuiamo con la cortesia e il tatto che non possono mai mancare. Aiutare gli altri significa anche cogliere le sfumature dei loro caratteri e approcciarsi in maniera garbata e rispettosa. Se, per dire, il collega in difficoltà è particolarmente permaloso, incalzarlo (anche bonariamente) sui suoi errori non potrà che indisporlo ulteriormente nei confronti del lavoro che fatica a portare a termine. Ma c’è di più: per essere veramente collaborativi, occorre essere comunicativi e positivi. Cosa vuol dire? Che per dare una mano agli altri, bisogna avere una certa stabilità mentale ed emotiva e un approccio propositivo e vincente. Anche quando il fallimento fa capolino e rischia di minare la nostra autostima. Solo chi dimostra spiccate capacità di resilienza può riuscire nell’impresa di far scorgere l’arcobaleno a chi si ferma, solitamente, ad osservare i nuvoloni.
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