Per un’azienda licenziare il personale è spesso una scelta problematica, ma le difficoltà maggiori le incontra sicuramente chi subisce il provvedimento. La ricerca di un lavoro, soprattutto in questo periodo, è davvero ardua ma in alcuni casi il processo di ricollocamento riesce ad intervenire in maniera positiva arginando una ferita occupazionale e sociale dalle dimensioni talvolta drammatiche. Bene, è il momento che un simile provvedimento “diventi obbligatorio”. A sostenerlo è stato l’Ad di Intoo, società che gravita nella galassia Gi Group, Cetti Galante.
Il tema in questione è dunque quello delle politiche attive del lavoro, ovvero di tutti quegli interventi che vanno ad incidere direttamente sul mercato di settore creando nuova occupazione o intervenendo a scopo preventivo o curativo sulle possibili cause della disoccupazione. L’argomento è tornato sotto i riflettori proprio in questi giorni, dopo le proposte inserite nel Jobs Act di Matteo Renzi e dell’iniziativa intrapresa dal Ministro Giovannini; entrambe contengono nuovi strumenti per aumentare le possibilità di occupazione e di ricollocamento dei lavoratori. In Italia si è sempre dato maggior peso ad interventi passivi, come il sostegno al reddito tramite ammortizzatori sociali, invece di puntare sulle politiche attive e sulla creazione di un sistema efficiente che favorisca il ricollocamento professionale. E ancora oggi c’è difficoltà a capire la centralità e l’importanza di questi interventi, sebbene siano molti i punti a loro favore: in primis i costi onerosi sostenuti dallo Stato andrebbero a ridursi ed in più le persone sarebbero spinte ad attivarsi maggiormente e più celermente per la ricerca di un lavoro.
Ed è proprio l’outplacement, ovvero l’accompagnamento delle persone in uscita da un’azienda nella ricerca di nuove opportunità professionali, ad essere indicato da Galante come lo strumento principale delle politiche attive del lavoro: “sono fermamente convinta che i tempi siano maturi per rendere obbligatorio il servizio di outplacement per le aziende che licenziano”. Questa è una strategia che se ben attuata, con l’aiuto reciproco di attori pubblici e società private specializzate, può portare ad ottimi benefici non solo alle persone ma anche allo Stato: per i primi, è stato stimato che il tempo di reinserimento lavorativo si velocizzerebbe di almeno sei mesi, per lo Stato si avrebbe una sensibile riduzione dei costi, cosa non certo di poco conto, visti i tempi.
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