Dici Pubblica amministrazione e pensi alla mole di scandali che ha contribuito ad allontanare i cittadini dalla politica. Per effetto degli sprechi che vengono regolarmente contestati a chi dovrebbe governarci con scrupolo e oculatezza. Una recente indagine del Codacons – condotta sulla scorta dei numeri forniti da un documento redatto dal ministero dell’Economia – ha confermato l’immagine (poco lusinghiera) di una Pubblica amministrazione “sprecona”, lontana anni luce dalla spending review più volte annunciata.
Secondo i calcoli dell’associazione, infatti, gli sprechi degli amministratori pubblici (locali e centrali) costerebbero a ogni singola famiglia italiana 1.250 euro all’anno. Una cifra importante, legata alla scarsa capacità (per non dire inesistente) degli enti pubblici di economizzare. Lo studio ha infatti messo in evidenza come la spesa risulti fuori controllo non tanto (e non solo) perché si concentra, troppo spesso, su prodotti tutt’altro che utili alla collettività (dagli slip intimi dei consiglieri regionali alle cene luculliane consumate su e giù per lo Stivale), ma anche perché quando acquistano beni e servizi indispensabili, le pubbliche amministrazioni italiane dimostrano di non essere capaci di risparmiare. “Accade così – si legge nella nota diffusa dal Codacons – che per i carburanti, gli enti pubblici arrivino a spendere il 13,6% in più rispetto alle tariffe fissate dalla Consip; per un personal computer la maggiore spesa è del +25,8%; per la telefonia +22,6%; per una fotocopiatrice +38%, fino ad arrivare al +68,2% di spesa per una stampante individuale”.
Per rendere ancora più chiara l’idea, si pensi che su una spesa annuale complessiva di 127 miliardi di euro, ben 30 risultano ascrivibili alla categoria sprechi. O, se preferite, a quella di rincari sospetti. Una cifra rotonda che, come ha ben notato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, potrebbe essere risparmiata o impiegata diversamente, per esempio per sanare i conti pubblici o per ridurre il peso fiscale a carico dei contribuenti. “Gli enti pubblici usano stratagemmi per acquistare prodotti fuori convenzione, in modo da non dover sottostare ai prezzi fissati dalla Consip – ha denunciato Rienzi – Si tratta di un terreno torbido per il quale chiediamo un’indagine approfondita da parte del ministero dell’Economia e della Corte dei Conti”.
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