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Reddito di cittadinanza, quella strana corsa dei furbetti all’Anagrafe

Il reddito di cittadinanza rischia di aprire le porte a nuove iniziative dei “furbetti”: ecco quali sono le principali scappatoie.

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Paese che vai, furbi che trovi. E, purtroppo, il reddito di cittadinanza sembra essere la giusta occasione per rinnovare il desiderio di aggirare le norme e i regolamenti da parte di una fascia di italiani (chissà quanto ampia) desiderosa di poter mettere le mani su questa forma di sussidio, pur senza averne i requisiti di base.

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Reddito di cittadinanza: la corsa all’Anagrafe dei furbetti

Stando a quanto ha approfondito il quotidiano Il Corriere della Sera, è già un proliferare di cambi di residenza fittizi e finte separazioni, utili per poter ricostruire artificiosamente gli elementi di base per poter fruire del reddito di cittadinanza. Niente di nuovo, si dirà: stando ai dati forniti dalla Guardia di finanza sulle prestazioni sociali agevolate, nella prima metà del 2018 ogni 10 verifiche sono spuntati 6 falsi poveri. Difficile, fatte queste promesse, che con il reddito di cittadinanza le proporzioni possano essere notevolmente differenti, tranne il caso in cui si proceda con controlli a tappeto con maglie piuttosto strette.

Il quotidiano intervista poi la Consulta dei Caf, i centri di assistenza fiscale, spesso il primo gradino nella strada del welfare statale. Ebbene, i Caf – per i quali, evidentemente, i giorni sono piuttosto torridi – dicono che agli sportelli sono già arrivate molte richieste di chiarimento di procedure, e un’esigenza informativa particolarmente pressante (e anomala) sui cambi di residenza e sugli effetti che divorzi e separazioni potrebbero avere sull’opportunità di conseguire il reddito di cittadinanza.

La soglia Isee

Ricordiamo, in tal proposito, come il perno di tutto il meccanismo d’azione del reddito di cittadinanza sia l’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, che non potrà eccedere i 9.360 euro.

Proprio da qui nascono le maggiori tentazioni dei “furbetti”: considerato che un divorzio è in grado di dividere a metà il reddito e il patrimonio familiare, la possibilità di perseguire questa strada con discreta apparente soddisfazione è elevata, perché può permettere – almeno sul fronte teorico – di scendere sotto la soglia Isee necessaria per poter accedere al reddito di cittadinanza. Insomma, se marito e moglie, insieme, erano troppo ricchi per poter avere acceso al reddito di cittadinanza, “divorziati” e, dunque, con un patrimonio individuale, potrebbero invece essere in grado di conquistare tale supporto statale.

Lo stesso meccanismo vale peraltro per il figlio che decide di andare a vivere da solo, in maniera concreta o apparente. Storture che il governo, e in particolar modo la fronda del Movimento 5 Stelle, vuole tuttavia scongiurare con una serie di correttivi e di sanzioni potenzialmente molto pesanti.

Rdc tra sanzioni e controlli

Il governo ha introdotto una sanzione specifica per dichiara il falso nel reddito di cittadinanza, prevedendo la reclusione da due a sei anni: difficile dire se tutto ciò possa essere sufficiente per scoraggiare i furbetti, anche perché non è ancora chiaro in che modo verranno effettuati i controlli da parte di vigili & co.

Non solo: stando a quanto sta emergendo, le regole dell’Isee chiariscono che i coniugi rimangono nello stesso nucleo familiare anche dopo il provvedimento di separazione o di divorzio, se continuano a risiedere nella stessa abitazione. Stesso discorso si applica ai figli, che continuano a far parte del nucleo familiare dei genitori solamente se hanno meno di 26 anni e sono effettivamente a loro carico, ovvero se guadagnano meno di 4 mila euro.

Il lavoro nero

A ben vedere, però, il “vero problema” del reddito di cittadinanza è il lavoro nero. Di fatti, considerato che il reddito di cittadinanza prevede un limite ulteriore, oltre all’Isee, che è quello del reddito massimo di 6 mila euro l’anno, la tentazione per qualcuno potrebbe essere quella di non registrare tutti o parte i propri guadagni, proprio per non eccedere tale soglia. Valutato che in Italia gli ultimi dati dell’Alleanza cooperative italiane ci dicono che ci sono almeno 3,3 milioni di lavoratori in nero, la platea da controllare sembra essere molto vasta. Si riuscirà a tagliar fuori i furbetti da questo provvedimento?

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