Se i siti che propongono agli utenti di recensire alberghi, ristoranti e oggetti di ogni tipo hanno avuto un successo planetario (vedi Tripadvisor e Yelp), perché non inoltrarsi in un terreno ancora più intimo chiedendo alle persone di dire la loro su colleghi, amici, parenti e – perché no – anche ex fidanzati? L’idea è venuta in mente a due donne, Julia Cordray e Nicole Mc Cullough, che dopo circa due anni di lavoro hanno dato vita a “Peeple”, l’app che consente di recensire le persone. Le polemiche non sono mancate, ma dopo una prima fase di sperimentazione, l’app è adesso approdata in Nord America ed è disponibile per Iphone e Ipad.
Come funziona? Per adoperarla, occorre aver compiuto 21 anni e disporre di un account Facebook attivo da almeno 6 mesi. Non solo: chi vuole dire la sua su Peeple dovrà fornire il suo numero di telefono e impegnarsi a non utilizzarlo per diffamare o ingiuriare nessuno. Il rischio, infatti, è che qualche ex tradita possa approfittare della nuova applicazione per vendicarsi dell’ex fedifrago distruggendone la reputazione sul Web. Su Peeple sarà, infatti, possibile esprimere giudizi in ambito professionale e personale ma anche in ambito “romantico” (ovvero sentimentale). Ed è chiaro che, in questo caso (ma non solo), ci si inoltrerà su un terreno particolarmente scivoloso. Perché la possibilità che, come già detto, un ex ferito o anche un collega invidioso parli male di noi solo per il gusto di danneggiarci esiste eccome. E nessuna contromisura, a ben guardare, potrà essere presa in tal senso.
La prima versione sperimentale di Peeple prevedeva la possibilità di esprimere un giudizio con le classiche stelline (andando da un minimo di una a un massimo di cinque), mentre la nuova versione permette di esprimere un parere positivo, negativo o neutro che può essere corredato da un giudizio. Ma attenzione: tutti i commenti positivi verranno messi online in tempo reale, mentre quelli negativi lasciati in stand by per due giorni, concedendo al “mal recensito” la possibilità di auto-difendersi dalle “stroncature” digitali. ”Non è importante se c’è più gente a cui piacciamo o a cui non piacciamo – ha spiegato al quotidiano britannico The Guardian una delle ideatrici dell’app, Julia Cordray – Quello che conta è quello che le persone dicono su di noi”. Anche se è frutto di un giudizio affrettato o mosso da pregiudizio. Ma è davvero così? E siamo veramente sicuri che la complessità di un individuo possa essere fatta oggetto di una sintetica recensione?
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