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Riscoprire il coraggio attraverso la sostenibilità emotiva del lavoro

Il coraggio, attitudine umana più antica che spaventa le aziende. Il coraggio dei dipendenti all’interno di un’azienda è qualcosa che può nuocere al sistema aziendale stesso. Ma è davvero così?

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Il coraggio fa onore a tutti, ma cosa significa coraggio all’interno delle aziende? Che tipi di attitudini del capitale umano sono permesse e quali non lo sono all’interno del sistema aziendale?

coraggio in azienda

 

Il coraggio, attitudine che spaventa molte aziende

Viviamo in un mondo globalizzato, dove le distanze ed i tempi si sono accorciati. Così, anche le dinamiche aziendali, sono cambiate, mutate con il tempo e seguito determinate linee di sviluppo, che hanno inevitabilmente portato alla creazione di un nuovo “vocabolario aziendale”. Sono comparsi nuovi termini utilizzati nel mondo aziendale e del personale che lavora al loro interno. Termini come: talento, creatività, competizione, co-design, mindfulness, disruption, produttività, talento, forza, sono solo un esempio delle terminologie che si sentono più spesso in sala riunione e non solo.

Ma in tutto questo, manca il termine che indica una delle attitudini più nobili ed antiche del genere umano, ossia il coraggio. Il coraggio che le aziende temono da parte dei loro dipendenti, e che dunque va controllato, perché se così non fosse, si potrebbero innescare meccanismi “rivoluzionari” capaci di capovolgere la “piramide sociale aziendale”.

Cos’è il coraggio e perché spaventa il sistema aziendale

Perché il sistema aziendale, ha paura del coraggio dimostrato dai propri dipendenti? Come il non sopprimere il coraggio, classificandolo come negativo, può capovolgere tutto il sistema vigente in un’azienda? Prima di dare risposta a queste domande, definiamo cosa si intende per coraggio. Il coraggio è solitamente associato ad azioni straordinarie oppure a veri atti eroici. Il coraggio è un’attitudine appartenente al genere umano e nasce dalla rabbia. Potremo anche dire che il coraggio è l’impulso stesso che trasforma la rabbia ed il dissenso in una forza positiva, capace di stravolgere tutto, con una grinta che cresce sempre di più.

Dunque, coraggio, rabbia e grinta sono in stretta correlazione tra di loro e sono proprio le caratteristiche che fanno tremare le aziende. Il coraggio è alla base dello sviluppo di processi spesso irreversibili. Sarebbe un rischio troppo grosso per le aziende, investire ed incitare il coraggio dei propri dipendenti. Sarebbe come consegnare a questi un’arma per combattere il “sistema piramidale aziendale”, ed andare a colpire i piani alti, che non vogliono certo perdere il loro potere “assoluto”.

Il coraggio dei dipendenti, tenuto a freno dalle aziende

Dunque, il coraggio, legato alla rabbia ed alla grinta, è il nemico del sistema organizzativo all’interno delle aziende. Queste tendono a mantenere i propri dipendenti, le loro attitudini a livelli bassi e controllabili. Insomma, i dipendenti sono un pò come delle marionette nelle mani dei capi aziendali e del sistema in generale. Questi non possono uscire da determinati schemi, non possono essere troppo curiosi, non possono farsi troppe domande e non possono cercare di capovolgere il sistema. Il loro compito è semplicemente quello di farsi guidare e rispondere agli ordini impartiti da altri. Le aziende non hanno una buona relazione con il dissenso, la volontà di cambiamento, il coraggio, la curiosità dei dipendenti, atteggiamenti da parte dei dipendenti, che vanno tenuti sotto controllo e gestiti. Insomma, le aziende hanno come finalità il tenere a bada tali forse all’interno della classe dipendente.

Come fare del coraggio una qualità anziché una minaccia per il sistema aziendale

Eppure, il coraggio non è qualcosa da considerarsi dal solo punto di vista negativo, pericoloso, destabilizzante. Certo i meccanismi di rabbia, insoddisfazione, malessere generale, possono portare il personale ad azioni “coraggiose” di ribellione. Si può comunque fare qualcosa per evitare queste “forze negative” pur valorizzando il coraggio. Alla base di azioni coraggiose di ribellione, c’è sempre uno stato di malessere, che porta il dipendente a farsi domande del tipo: perché mi trovo in questa situazione? Cosa posso fare per cambiarla?

Una buona azienda, deve abilitare le domande, deve incentivare le domande da parte del personale, non cercare di distruggere la capacità dei dipendenti di domandare. Dall’altra parte c’è bisogno che le aziende forniscano delle risposte a tali domande, risposte trasparenti, sincere, semplici. Il segreto non è quello di “anestetizzare” le emozioni negative, che comunque fanno parte della vita e soprattutto sono presenti sul posto di lavoro. Il segreto è quello di saper gestire queste emozioni negative, senza soffocarle, ma cercando di indirizzarle verso il buono ed il produttivo, sia per il singolo dipendente che per l’azienda stessa. Non parliamo di cose impossibili, ma fattibili e convenienti per tutti.

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