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Ritenute fiscali, omesso versamento non è reato per l’imprenditore in crisi

Novità positive per gli imprenditori che, a causa della crisi, non riescono a procedere al versamento delle ritenute fiscali. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore in un suo recente focus, il tribunale di Padova, con sentenza 18/14, avrebbe assolto (perchè, appunto, il fatto non costituisce reato), un imprenditore accusato di aver omesso versamento di …

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Novità positive per gli imprenditori che, a causa della crisi, non riescono a procedere al versamento delle ritenute fiscali. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore in un suo recente focus, il tribunale di Padova, con sentenza 18/14, avrebbe assolto (perchè, appunto, il fatto non costituisce reato), un imprenditore accusato di aver omesso versamento di ritenute fiscali per 93 mila euro. Cerchiamo di capire perchè il giudice sia giunto a tale valutazione, e in che modo si stia formando una giurisprudenza maggioritaria in materia. La posizione assunta dal Giudice di Padova infatti non è nuova. Alcune recenti sentenza riguardanti l’omesso versamento dell’Iva hanno infatti tenuto in fortissima considerazione l’impossibilità materiale di versarla da parte dell’imprenditore in crisi.

Il tribunale ha sancito che non esiste reato di natura penale se l’imprenditore non riesce a procedere al versmento delle ritenute fiscali a causa della difficoltà dell’impresa (comprovata), in grado di attestare in modo univoco la mancanza di dolo. Nel caso concreto, dal bilancio 2007 emergevano perdite di esercizio per 35 mila euro, e debiti per più di 130 mila euro verso le banche e per 100 mila euro verso enti previdenziali. A tale ammontare si aggiungevano inoltre i debiti con il fisco.

Nonostante i soci avessero cercato di far fronte alla crisi con prestiti personali alla società (per un volume pari a 150 mila euro), il contributo della compagine societaria non era stato sufficiente per poter salvare l’attività produttiva. A tal fine, erano stati pagati i creditori più urgenti, tralasciando l’opportuno versamento delle ritenute, con l’intenzione di farvi fronte il prima possibile, anche se a fronte del pagamento di penali e di interessi.

Insomma, nella sua pronuncia il giudice ha avvalorato la tesi – peraltro non sconosciuta – della forza cogente, che avrebbe imposto all’imprenditore di adottare una condotta tale da dover scegliere, in una situazione di profonda crisi, se ridurre il personale e l’attività produttiva (una scelta che lo stesso giudice ammette essere “di difficile esecuzione”) o rinviare – mediante la rateizzazione, peraltro concessa da Equitalia – il debito con il fisco. L’imprenditore, ricostruisce la sentenza, avrebbe optato per quest’ultima soluzione, “per cui si ritiene siffatta condotta non sia stata posta in essere volutamente, ma frutto solo di una contingenza temporale”.

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