Gli scatti di anzianità costituiscono un diritto indisponibile del lavoratore e, come tale, non possono costituire oggetto di rinuncia. Vediamo la Sentenza della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25315/2018, è intervenuta sul tema della qualificazione degli scatti di anzianità, rammentando come l’anzianità di servizio rappresenti un diritto non disponibile, e che – come tale – non può essere oggetto di rinuncia da parte del lavoratore stesso. Al fine di cercare di comprendere quali sono state le valutazioni effettuate dagli Ermellini, cerchiamo di ricostruire brevemente la vicenda e giungere alle motivazioni contenute nella pronuncia dei giudici della Suprema Corte.
Riconoscimento degli scatti di anzianità
Il caso all’attenzione della Cassazione ha come protagonisti alcuni lavoratori della Rete Ferrovia Italiana, sul riconoscimento del diritto agli scatti di anzianità in relazione al periodo di tempo che ha preceduto l’avvenuta conciliazione amministrativa con il datore di lavoro. Nell’esame della Corte d’Appello, i giudici territoriali osservarono come con la conciliazione i lavoratori avessero rinunciato a ogni diritto, e quindi anche agli scatti di anzianità che erano stati oggetto di maturazione fino alla data in cui la società aveva con successo proposto di dare vita a una nuova relazione di lavoro a tempo indeterminato con gli stessi lavoratori.
Contro la sentenza in Appello i lavoratori hanno però proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’esclusione del diritto agli scatti di anzianità sarebbe illegittima, poiché – appunto – l’anzianità di servizio è da intendersi e da qualificarsi come un diritto non disponibile e, in quanto tale, non sarebbe suscettibile di una rinuncia da parte del lavoratore.
Scatti di anzianità come diritto indisponibile
I giudici della Corte di Cassazione affermano che i dipendenti che hanno proposto ricorso hanno sostanziale ragione, poiché l’annullabilità degli atti che contengono delle rinunce del lavoratore a diritti garantiti dalla legge o dal contratto collettivo, sarebbe concernente esclusivamente i casi di rinuncia a un diritto he è già acquisito.
Di contro, proseguono gli Ermellini, nell’ipotesi di rinuncia all’incidenza dell’anzianità maturata a una certa data della relazione professionale sui diritti ancora non acquisiti dal rinunciante, la stessa rinuncia viene qualificata come un atto che è rivolto a disciplinare gli effetti della relazione di lavoro in misura differente da quella stabilita in modo non derogabile dalla legge o dal contratto collettivo, determinandone così la nullità ex art. 1418 c.c., o l’invalidità o l’inefficacia ex art. 2077 c.c.
Dunque, concludono gli Ermellini, l’anzianità maturata nel servizio di lavoro non sarebbe qualificabile come un elemento che può costituire uno status del lavoratore subordinato, o ancora un bene separato e distinto della vita, oggetto di autonomo diritto, bensì è in grado di rappresentare la dimensione temporale della relazione di lavoro, all’interno della quale può fungere da integrazione all’elemento di fatto dei diritti di scatto di anzianità, o ancora di liquidazione del TFR.
Partendo da tale assunto, la Cassazione decide di rinviare la sentenza al giudice territoriale, invitando il giudice di rinvio a conformarsi all’orientamento suddetto, cui gli Ermellini intendono dare continuità. In sintesi, i lavoratori non possono rinunciare al diritto degli scatti di anzianità, e eventuali pattuizioni contrarie sono pertanto nulli, poiché gli scatti di anzianità (così come, ad esempio, il trattamento di fine lavoro) costituiscono diritti indisponibili.
Cerchi un nuovo lavoro?
Per avere sempre offerte di lavoro reali e verificate nella tua casella email in linea con le tue esigenze: Registrati su Euspert Bianco Lavoro