Unioncamere e il Ministero del Lavoro hanno pubblicato i risultati di una recentissima ricerca sulle condizioni occupazionali italiane nella prima parte del 2012. Un panorama che non preannuncia nulla di buono per il prosieguo d’anno, e che corre il rischio di peggiorare nel corso dei prossimi trimestri. Ma andiamo con ordine, ed esaminiamo i principali …
Unioncamere e il Ministero del Lavoro hanno pubblicato i risultati di una recentissima ricerca sulle condizioni occupazionali italiane nella prima parte del 2012. Un panorama che non preannuncia nulla di buono per il prosieguo d’anno, e che corre il rischio di peggiorare nel corso dei prossimi trimestri. Ma andiamo con ordine, ed esaminiamo i principali punti di interesse sul fronte professionale.
La platea della sofferenza occupazionale
Il primo dato che rileva, è quello della “sofferenza occupazionale” evidenziato dalla Cgil. O, se preferite, la platea di persone che non lavorano pur cercando un’occupazione in maniera proattiva, o non lavorano perché sono talmente scoraggiati che oramai non cercano più nessuna opportunità professionale. Una platea che secondo il centro studi del sindacato ammonterebbe a quota 4,4 milioni di persone, frutto della sommatoria tra i 2,7 milioni di disoccupati da censimento Istat e gli 1,7 milioni di persone “scoraggiate” rilevante dalla Cgil, cui è possibile ricomprendere anche i cassaintegrati.
Sempre secondo quanto dichiarato dal sindacato, nello stesso periodo del 2007 si trovavano in una condizione di sofferenza occupazionale “solamente” 2,5 milioni di persone. In cinque anni, quindi, l’incremento degli italiani in sofferenza occupazionale è stato pari al 77 per cento, con l’Italia che è in grado di assorbire un terzo dell’incremento della disoccupazione in tutto il vecchio Continente.
A commentare i dati sono stati, negli scorsi giorni, Raffaele Minelli, presidente dell’Ires Cgil, e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio, secondo cui “da marzo 2012 il tasso di disoccupazione formale italiano è più alto di quello della Ue a 27. Nell'ultimo anno la crescita della nostra disoccupazione è addirittura molto più accentuata rispetto all'Europa. Fra gennaio e luglio 2012 l'aumento dei disoccupati in Italia (+292.000) ha rappresentato un terzo dell'intero incremento complessivo europeo (+ 881.000)”.
Calo dei nuovi occupati
Di qui la conclusione secondo cui la riduzione delle complessive assunzioni non stagionali nel settore dell’industria e dei servizi non può che essere generalizzata. Una contrazione dei nuovi occupati che riguarda sia i diplomati che i laureati, con una sorprendente maggiore penalizzazione per questi ultimi.
La ricerca di Unioncamere di chiara infatti che delle 407 mila assunzioni a carattere non stagionale programmate dalle imprese, solamente 59 mila interesseranno i laureati (il 14,5 per cento del totale), 166 mila i diplomati (il 40,9 per cento), 50 mila le qualifiche professionali (il 12,3 per cento) e 132 mila le persone prive di un titolo di studio specifico (il 32,3 per cento).
Su base annua, il numero dei laureati è tuttavia cresciuto di 2 punti percentuali, meno di qualche attesa, a danno delle qualifiche professionali – in calo dell’1,2 per cento – e delle persone prive di formazione specifica – in calo dello 0,7 per cento.
I settori a maggiore grado di assunzione
La disponibilità delle imprese ad assumere nuovo personale subisce la forte dipendenza dal settore di inserimento e dall’esperienza dimostrata. Stando al report Unioncamere, il picco di possibilità di assunzioni per coloro che non hanno esperienza, e sono pertanto alla ricerca della prima occupazione si troverebbe nel settore socio sanitario, con una percentuale del 60,5 per cento, a fronte di un minimo del 37,3 per cento nell’indirizzo informatico.
Per quanto concerne le modalità contrattuali, nel 39,7 per cento dei casi i diplomati saranno assunti attraverso il contratto a tempo indeterminato, nel 12,3 per cento verrà utilizzato l’apprendistato, nell’1,8 per cento l’inserimento, nel 43,8 per cento il tempo determinato.
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