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Stranieri in Italia: da dove vengono, che lavoro fanno e come vivono

Gli stranieri che lavorano in Italia, esattamente come gli Italiani, partecipano attivamente all’economia del paese svolgendo un’attività dipendente o autonoma. I paesi di provenienza sono soprattutto l’Europa Centro-orientale ( Ucraina, Polonia, Moldavia, Bulgaria, Romania ) con una percentuale del 43%, a seguire con un 30% dall’Africa ( Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria, Camerun, Ghana, Capo Verde, …

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Gli stranieri che lavorano in Italia, esattamente come gli Italiani, partecipano attivamente all’economia del paese svolgendo un’attività dipendente o autonoma.
I paesi di provenienza sono soprattutto l’Europa Centro-orientale ( Ucraina, Polonia, Moldavia, Bulgaria, Romania ) con una percentuale del 43%, a seguire con un 30% dall’Africa ( Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria, Camerun, Ghana, Capo Verde, ecc) 17% dall’Asia e 10% dall’America Latina.
 lavoratori-stranieriSono più uomini ( il 52% ) che donne (35%), più al nord ( 58%) che al sud (14%) e il 68% hanno dai 25 ai 45 anni con una percentuale del 20% di irregolari.
 
Le più recenti indagini di mercato, a cominciare dall’Eurisko, registrano un ‘80% di lavoratori stranieri con un’attività commerciale o un lavoro.
 
Vediamo allora come è distribuito il loro lavoro.
 
Si dividono soprattutto in prestatori d’opera, con un buon 34% in cui si inseriscono lavoratori domestici, assistenti domiciliari per persone non autosufficienti come anziani, malati o bambini.
 
C’è poi una buona percentuale che opera in questo settore da lavoratore dipendente (24%), come operai, infermieri, addetti alla ristorazione, addetti alle pulizie, ecc.
Il 14% ha una sua attività commerciale o artigianale, mentre il 9% è in cerca di un’occupazione.
 
Per trovare lavoro gli immigrati si rivolgono in genere a parenti e amici, si indirizzano poco alle agenzie interinali, agli uffici per l’impiego, ai servizi sociali e ai sindacati.
 
Anche le modalità con cui si trovano a lavorare in Italia sono simili, poiché vengono quasi sempre su suggerimento di amici e parenti o per il ricongiungimento familiare.
 
Di questi, circa il 26% abita in un trilocale e un 21% in un bilocale, mentre soltanto il 18% possiede una casa propria, anche se il 25% vuole comprarla in futuro.
 
Di questi lavoratori, il 56%, secondo le indagini svolte, non ha avuto particolari problemi nel trovare una casa al suo arrivo sul suolo italiano.
 
Ma gli stranieri che lavorano in Italia, riescono a risparmiare e a pianificare il futuro?
 
A quanto pare si, dal momento che ben il 48% rivela di riuscire a risparmiare sul reddito familiare, che è di circa 1320 euro, una media di 308 euro al mese e il 45% ha un suo conto corrente ( utile soprattutto per la domiciliazione delle utenze ), mentre il 60% ha un conto tipo Bancoposta.
 
Il bancomat è posseduto da tre stranieri su 10 e le assicurazioni auto e moto sono più contenute rispetto a quelle degli italiani ( 35% contro il 56% ).
 
Le uscite medie di denaro per le spese in una famiglia si aggirano intorno ai 1000 euro mensili per un nucleo di 2,81 persone a fronte dei 2500 che spende una famiglia italiana per un nucleo di 2,59 persone.
 
Ma quelli che ricorrono a mutui e prestiti sono ancora pochi, tra l’8% e il 9%.
Quasi tutte le case sono dotate di elettrodomestici come frigorifero, televisore, forno e lavatrice, la cui presenza si aggira dall’87%( per la lavatrice ) al 98% ( il frigorifero).
 
Almeno la metà, circa il 49% possiede un pc con collegamento a Internet.
 
Il livello di istruzione è variegato: 11 persone su 100 possiedono una laurea, il 38% un diploma di scuola media superiore e il 75% conosce un’altra lingua straniera come l’inglese e il francese, mentre il 47% parla l’italiano.
 
Con l’introduzione da parte del Ministero degli interni del permesso di soggiorno”a punti” 
è molto importante la conoscenza dell’italiano che garantirà un punteggio alto, garanzia di una buona volontà di integrazione.
 
Infine, occorre sottolineare che le percentuali riportare sono frutto di ricerche e di interviste, sono basate quindi su dati statistici e non su di un censimento vero e proprio.
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