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Tassa di soggiorno: quella più cara si paga a Roma

Il gettito del 2015 dovrebbe sfiorare i 429 milioni di euro, ma a Federalberghi l’imposta non piace

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Visitare l’Italia costa e ad incidere è anche l’imposta di soggiorno che scatta, secondo modalità diverse, in più di 700 Comuni dello Stivale. La Federalberghi ha realizzato un corposo e dettagliato documento, passando ai raggi X tutte le località in cui il turista è costretto a corrispondere all’albergatore (o al gestore dell’attività ricettiva in cui alloggia) non solo il prezzo della camera, ma anche quello della tassa il cui gettito finisce nelle casse degli enti locali.

tassa di soggiorno
image by Nick_Nick

Città che vai, tassa che trovi

L’imposta di soggiorno – introdotta in Italia nel maggio del 2010 – coinvolge attualmente 712 Comuni. Ai quali devono essere aggiunti i 23 che applicano l’imposta di sbarco, per un totale di 735 Comuni che rappresentano il 9,1% del totale. La percentuale più alta (pari al 34,3%) si concentra nel Nord-Ovest, seguito dal Nord-Est (24,8%), dal Mezzogiorno (21,4%) e dal Centro (19,6%). A livello regionale, è la Valle d’Aosta a ospitare la maggior quota di Comuni che applicano l’imposta (78,4%), mentre il secondo piazzamento se lo aggiudica la Toscana (39,1%), seguita dal Trentino Alto Adige (35,6%), dalla Sicilia (10,3%), dal Piemonte (9,4%) e dalla Puglia (9,3%). Ma a quanto ammonta l’importo di questa tassa che – come è facile intuire – i visitatori del Bel Paese farebbero volentieri a meno di pagare? Va subito precisato che non esiste una tariffa fissa e che, anzi, ogni Comune si comporta in maniera differente applicando, a sua discrezione, eventuali esenzioni. Ma per dare un’idea di massima, ci limiteremo qui a fornire qualche esempio: l’imposta di soggiorno più cara si paga, neanche a dirlo, a Roma e Milano che chiedono 4 euro a notte per un albergo a tre stelle. Poco di meno (3,5 euro) deve, invece, sborsare un turista che sceglie di alloggiare in un hotel di Firenze o di Venezia centro, mentre 2,8 euro è la tariffa che scatta (per il solito albergo a tre stelle) a Torino e 1,5 euro quello che deve corrispondere un visitatore di Napoli.

Gli incassi d’oro della Capitale

Ma l’Osservatorio di Federalberghi è andato oltre proponendo delle simulazioni che possono rendere ancora più chiaro il quadro. Una famiglia tipo di 3 persone (composta da mamma, papà e un figlio di 11 anni) che decide di concedersi due giorni fuori casa, se sceglie di alloggiare a Roma, dovrà pagare una tassa di soggiorno di 24 euro; se va a Venezia, di 17,50 euro; se opta per Firenze, di 14 euro; se premia Milano, di 12 euro, mentre se sceglie di dormire in un albergo di Napoli, se la caverà con 6 euro. Si tratta, insomma, di cifre che possono variare sensibilmente (come dimostrato dal gap che intercorre tra Roma e Napoli) e che, di conseguenza, possono fare arrivare più o meno soldi nelle casse degli enti locali. Il gettito dell’anno scorso è stato pari a 337,3 milioni di euro (di cui 78,4 raccolti nella sola città di Roma). E le stime per il 2015 prefigurano incassi ancora più rotondi, che dovrebbero superare abbondantemente i 428 milioni di euro (123 a Roma). La tassa che mira a potenziare il settore turistico locale non trova, però, la “benedizione” di Federalberghi: “L’imposta di soggiorno dovrebbe essere abolita hanno tagliato corto dall’associazione – e le funzioni svolte dagli enti locali in campo turistico dovrebbero essere finanziate mediante compartecipazione degli stessi al gettito Iva di tutte le attività produttive, non solo terziarie, che traggono beneficio dall’economia turistica”.

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