Ecco come stanno cambiando le tasse degli italiani dopo il dl Crescita, e che cosa attendersi con la prossima manovra di bilancio.
Il dl Crescita apporta un intervento di correzione all’Ires, l’imposta sul reddito d’esercizio, ma nessuna novità sull’Irpef. Ne deriva che per poter ammirare qualche cambiamento sull’imposta sul reddito delle persone fisiche bisognerà attendere (almeno) la Legge di Bilancio 2020. Ma è possibile cercare di comprendere come cambieranno le tasse degli italiani? Ci abbiamo provato, sulla base delle informazioni oggi disponibili: ecco una breve panoramica di sintesi.
Indice
Irpef, ecco come si paga oggi
Iniziamo con il rammentare che oggi l’Irpef si paga in base al reddito di ogni contribuente, sulla base di un principio di progressività. Le aliquote Irpef sono infatti 5, e a partire dal secondo scaglione in poi l’aliquota si applica esclusivamente sulla parte eccedente, mentre continuerà ad applicarsi l’aliquota precedente per lo scaglione inferiore. Fatta eccezione per una no tax area (redditi sotto quota 8.174 euro), ecco gli scaglioni attualmente in vigore:
- fino a 15.000 euro annui: 23%,
- da 15.001 euro a 28.000 euro annui: 27%;
- da 28.001 euro a 55.000 euro annui: 38%;
- da 55.001 euro a 75.000 euro annui: 41%;
- oltre i 75.000 euro annui: 43%.
La flat tax voluta dalla Lega
L’obiettivo della Lega sarebbe quello di introdurre una flat tax al 15% sui redditi “familiari”, e non del singolo contribuente, fino a 50.000 euro, e uno scivolo per la fascia di reddito successiva. Il tutto, per un costo (stimato) di 12-13 miliardi di euro.
Pronta, però, l’opposizione del M5S: l’altra gamba del governo gialloverde teme infatti che la flat tax salviniana finisca per portare beneficio esclusivo ai soli redditi più facoltosi, e pochi vantaggi alle famiglie del ceto medio. Di qui, l’idea di introdurre un modello di quoziente familiare che sarà sì calcolato sul reddito complessivo del nucleo – come peraltro vuole la stessa Lega – ma con detrazioni a seconda del numero dei figli.
Di tutto questo, però, nelle prime bozze del Def non si parla. Trova invece spazio una generica revisione dell’impianto Irpef, con flat tax al 15% fino a 30.000 euro, poi evolutasi in una versione doppia al 15% e al 20% senza specifiche sugli scaglioni di reddito. Troverebbe altresì spazio un contestuale intervento di revisione delle detrazioni e delle deduzioni, la cui riduzione dovrebbe permettere di coprire il costo del nuovo sistema fiscale.
Forfettario al 15% per le partite Iva
Ricordiamo che la manovra di bilancio ha già esteso il forfettario al 15% per tutte le partite Iva con un reddito non eccedente i 65.000 euro, assicurando peraltro a chi rientra in questo regime di maggior vantaggio l’accesso ai benefici tipici del minimo, compreso l’esonero dall’obbligo di emissione delle fatture elettroniche.
Nel 2020 entrerà inoltre in vigore un nuovo sistema forfettario, che a quello già noto nel 2019, introdurrà anche un’imposta sostitutiva al 20% per i redditi di impresa o di lavoro autonomo tra i 65.000 euro e i 100.000 euro.
Come cambia l’Ires
Concludiamo con un ultimo sguardo sull’Ires. La legge di bilancio ha introdotto la c.d. “mini-Ires”, ovvero una riduzione di 9 punti percentuali dell’aliquota Ires, che passa dal 24% al 15%, per tutte le imprese che assumono nuovo personale e reinvestono i propri utili netti in macchinari.
Il procedimento di vantaggio non sembra però aver per il momento funzionato, forse anche per la sua intrinseca complessità. Di qui, l’idea di “usare” il dl Crescita per poter modificare l’imposta, con un taglio generalizzato dell’Ires che riguarderà gli utili non distribuiti e reinvestiti. Il taglio sarà al 22,5% quest’anno, al 21,5% per il 2020, al 20,5% per il 2021 e al 20% per il 2022.
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