Utilizzare i social network durante l’orario di lavoro: ecco quando è consentito e quando no. I rischi che si corrono….
L’utilizzo durante l’orario di lavoro principalmente di Facebook, ma sempre più anche degli altri social network, continua a far discutere molto nel rapporto tra datore di lavoro e dipendenti in Italia, ma anche nel resto del Mondo.
Cominciamo ad analizzare il discorso prettamente legale della vicenda. Essendo tempo impiegato per un qualcosa che esula dai compiti professionali, ma svolto comunque all’interno degli orari di lavoro, il lavoratore navigando sui social network viene meno dunque alla prestazione contrattualmente dovuta al datore di lavoro (eventualmente si può farlo in maniera lecita durante le pause, compresa quella per il pasto). In questo caso, siamo certamente nel campo dell’inadempimento, che potrà avere conseguenze disciplinari più o meno gravi a seconda della quantità di tempo sottratto al lavoro, della sistematicità del comportamento e delle concrete circostanze del caso.
L’utilizzo poi di apparecchiature messe a disposizione dall’azienda per l’accesso ai social network pone problemi di sicurezza del sistema, oltre che quelli riguardanti il loro utilizzo improprio. Bloccare l’accesso a determinati siti sul pc o la rete aziendale rappresenta quindi un provvedimento assolutamente legittimo da parte del datore di lavoro.
Da analizzare sono inoltre le possibili conseguenze per il lavoratore della diffusione di commenti lesivi della reputazione dell’azienda o del proprio datore di lavoro o di informazioni riservate sull’attività aziendale tramite i social network.
Le sentenze passate in questo caso danno ragione alle aziende ed ai datori di lavoro, come nessuna possibilità di salvarsi hanno i dipendenti beccati a visitare siti porno, razzisti, discriminatori o illegali con apparecchiatura aziendale e/o durante l’orario di lavoro.
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Gli studi e le statistiche ci dicono invece che sul posto di lavoro, un italiano su tre aggira le restrizioni d’accesso a social network, app di messaggistica e archiviazione sul cloud imposte dalla propria azienda. Nonostante infatti in Europa l’accesso a Facebook sia limitato o addirittura vietato al 40% dei dipendenti, in Italia un terzo delle persone (32%) ignora la norma, pur essendone a conoscenza. Un risultato in linea con il resto d’Europa. Circa un terzo dei lavoratori italiani tende ad ignorare o ad aggirare le restrizioni utilizzando i propri dispositivi personali (oppure per i più esperti, attraverso l’utilizzo di trucchi e strategie per bypassare blocchi sulla rete imposti dall’azienda di appartenenza), anche nel caso di applicazioni d’archiviazione sul cloud (34%), app mobile (38%), servizi di video streaming (29%) e Twitter (26%). Come forse era prevedibile, sono le lavoratrici ed i lavoratori di età compresa tra i 18 e i 34 anni a dimostrarsi più indisciplinati in materia di restrizioni aziendali a riguardo dell’accesso a siti web e applicazioni proibite, con quasi il doppio delle probabilità di aggirare le norme rispetto alla media di tutte le altre età.
I risultati della ricerca suggeriscono che in Europa le restrizioni aziendali legate all’uso di Internet siano dovute alla scarsa fiducia che alcuni datori di lavoro dimostrano nei confronti dei propri dipendenti, e purtroppo in alcuni casi hanno anche ragione, se si pensa all’elevata percentuale di persone che durante l’orario di lavoro (sia nel settore pubblico che privato) “giocano” con i social network.
Ovvio che tutte queste informazioni decadono se si entra nel settore dei lavori riguardanti il social media marketing, il web marketing o il community manager, dove il vivere i social network quasi h24 diventa addirittura un dovere. Senza ovviamente dimenticare tutte quelle professioni e le attività legate al mondo della comunicazione, alle mode ed ai trend della nostra Società, che si foraggiano delle utilissime informazioni che i social network propongono, nel loro essere specchio del Mondo di oggi.