Da un meno 0.4% previsto per il 2013 a un più 2.9% in tre anni. E’ questo l’obiettivo del nuovo piano per il lavoro della Cgil. Per realizzarlo il governo che sarà dovrebbe destinare alla causa 50 miliardi di euro da qui al 2015. Un programma complesso, che di fatto mette in discussione, con l’obiettivo …
Da un meno 0.4% previsto per il 2013 a un più 2.9% in tre anni. E’ questo l’obiettivo del nuovo piano per il lavoro della Cgil. Per realizzarlo il governo che sarà dovrebbe destinare alla causa 50 miliardi di euro da qui al 2015. Un programma complesso, che di fatto mette in discussione, con l’obiettivo di rivederlo nel profondo, l’intero sistema attuale, dall’ambito fiscale a quello degli ammortizzatori sociali. Il primo, secondo il sindacato, dovrebbe essere più progressivo e nel contempo andrebbe adottata una patrimoniale sui grandi capitali. Un investimento di circa 20 miliardi di euro sarebbe un ottimo punto di partenza nella creazione diretta di posti di lavoro.
Altre risorse, la Cgil vorrebbe destinarle agli ammortizzatori sociali (tra i 5 e i 10 miliardi) al welfare (tra i 10 e i 15) e al sostegno di progetti (fino a miliardi di euro). Resta però da capire come e dove trovare i soldi necessari. A parte la riforma del sistema fiscale, in termini economici un ruolo fondamentale verrebbe ricoperto dalla lotta all’evasione, quella “guerra”, come l’ha definita il premier uscente Mario Monti, che ha portato sì a risultati concreti dal punto di vista del recupero di risorse, ma che ha avuto e ancora ha anche effetti distorti, più volte denunciati da diverse associazioni di settore. In ogni caso la Cgil ha parlato di recupero “strutturale”, dal quale deriverebbero oltre 40 miliardi annui (quindi ben oltre le risorse necessarie per attuare il suo piano, che ne richiede 50-60 in tre anni). Altri 20 miliardi di euro, dovrebbero invece arrivare dalla riduzione dei costi della politica, piuttosto alti rispetto ad altri paesi europei che pur non si fanno mancare nulla, rivedendo anche l’intero sistema della spesa pubblica.
Se per la Cgil il fulcro dell’intero piano è la centralità del pubblico, da cui deve partire tutto il cambiamento, va detto che in Italia è proprio il settore pubblico, nelle sue più diverse accezioni, ad essere fortemente sotto accusa per gli sprechi. Per la Cgil è necessaria una complementarietà tra pubblico e imprese private, che di sprechi tra l’altro se ne possono permettere ben pochi. L’obiettivo del sindacato, comunque, è quello primario di ridurre la disoccupazione, portandola ai livelli pre-crisi in tre anni (7%). Per farlo però, è necessario aumentare i consumi, quindi la domanda (che aumenta in base alla capacità di spesa di individui e famiglie), calata in maniera drastica quasi in tutti i settori, quello alimentare compreso.
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