In Italia l’ascensore sociale scivola sempre più giù. Potremmo dire, senza banalizzare la problematica, che si sia davvero “rotto” negli ultimi decenni. Complice politiche economiche (e non) completamente sbagliate e scelte a livello manageriale davvero inconsuete, la maggior parte della popolazione italiana considera la propria posizione insoddisfacente.
E così, il ceto medio, quello, per intenderci, di artigiani, commercianti e professionisti, tende a scomparire e a confluire nel cosiddetto “ceto popolare”. Per fotografare la situazione italiana, l’Osservatorio di Demos- Coop ha svolto un’indagine accurata. I risultati, davvero negativi, invitano ad una profonda riflessione sulle prospettive future dei giovani (e meno giovani) italiani.
Il 48% del campione nazionale dice di sentirsi “classe operaia” (39%) oppure “popolare” (9%). Il 43%: “ceto medio“. Il 6%, infine, si definisce “borghesia” o “classe dirigente”. È l’unico settore sociale stabile. Invece, il peso del “ceto medio” è sceso di 5 punti negli ultimi tre anni e di 10 negli ultimi cinque. Simmetricamente, l’ampiezza di coloro che si sentono “classe operaia” oppure “popolare” è cresciuta di 3 punti negli ultimi tre anni e di 9 negli ultimi 5. (Fonte: La Repubblica).
La precarietà influenza sempre più settori lavorativi e determina un grado di insoddisfazione maggiore in classi e mestieri che, fino ad un decennio fa, non soffrivano gli effetti delle disastrose e negative politiche economiche di sviluppo. C’è insoddisfazione sia per l’economia in generale (il 71% del campione si dichiara apertamente contrariato e insoddisfatto dalla situazione attuale), sia, nello specifico, per il mondo del lavoro (il 75% degli intervistati si dichiara fortemente insoddisfatto).
Nell’Italia dell’ascensore sociale “rotto” e dell’indifferenza delle classi dirigenti (politiche, economiche) rispetto a tale situazione, crescono i segnali di disagio sociale: manifestazioni, segni d’intolleranza nei confronti delle lobby pre-costituite, segnali di rabbia e sconforto che si manifestano in episodi sicuramente discutibili ma, ahimè, apertamente legittimi (per il loro “contenuto” motivazionale). Riuscirà la politica a prendere finalmente coscienza di questa tragica condizione italiana? O si raggomitolerà, su sé stessa, come negli ultimi anni, alla disperata ricerca di un consenso sempre più “vuoto”?
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