L’Italia non cresce, questo è un dato di fatto. La bassa produttività è uno dei mali più grandi che colpisce il nostro Paese e che se non risolto al più presto, porterà ad affossare l’Italia. Ultimi nell’Ue.
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La bassa produttività italiana
Il problema del nostro Paese non è legato solo al debito pubblico che ci portiamo dietro da anni. Il male peggiore, è quello della bassa produttività italiana, ossia la poca capacità di crescere e rinnovarsi. Se ci fossero livelli di produttività più alti, anche il debito pubblico diminuirebbe. Tutto ruota intorno la capacità di crescita del Paese, che fino ad ora non è delle migliori, soprattutto se paragonata alla produttività dell’Ue. Pare davvero essere una mission impossibile, infatti la situazione italiana, secondo le stime della Commissione europea, sta peggiorando. Con solo un +0.2% il nostro Paese è ultimo nell’Eu per quanto riguarda la crescita del Pil attesa nel 2019.
Alcuni dati sulla produttività
La produttività, è la capacità di un’azienda di crescere e produrre sempre di più attraverso innovazione e tecnologia, organizzazione e competenza. L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), ci fornisce dati che parlano da soli. La produttività italiana tra il 2010 ed il 2016 è aumentata solo dello 0.14% annuo. (Produttività intesa come Pil per ora lavorativa). E’ stato soprattutto dopo la crisi economica del 2008, che la produttività in Italia ha riscontrato un freno, fenomeno che sta diventando davvero preoccupante. Insomma, troppo lenta e limitata la crescita italiana, che la posiziona ancora una volta tra gli ultimi posti della classifica europea di produttività. Pensare che anche la Grecia ci supera.
I 4 fattori che portano alla bassa produttività italiana
Perché l’Italia a differenza di altri paesi non riesce a crescere? Cosa c’è di marcio? Diciamo che sono diversi i fattori che ostacolano la crescita italiana, che posizionano il nostro bel Paese nelle più basse postazioni di classifica di produzione a livello europeo. Tuttavia, in maniera semplicistica, possiamo spiegare tale fenomeno, prendendo in esame 4 fattori essenziali: difficoltà di fare impresa, basso livello di competenze, mancanza di convergenza tra il Nord ed il Sud, livelli ancora bassi di investimenti in ricerca ed innovazione.
Notevole difficoltà nel fare impresa
In Italia è davvero molto difficile fare impresa, soprattutto a causa della tassazione sempre più alta e la difficoltà di accedere al credito. Spesso non si rispettano neanche i contratti tra le parti. Secondo il Centro Studi Fondazione Ergo, ci sono anche altri fattori che rendono difficile fare impresa. In particolare il tessuto produttivo è troppo frammentato. Sono troppe le imprese di piccole-medie dimensioni che non sono capaci di investire in innovazione, restando troppo “vecchie ed arretrate” nell’era della globalizzazione. Le aziende in Italia non investono in tecnologie avanzate (come succede altrove), ma continuano a puntare verso prodotti tradizionali che di tecnologico hanno ben poco. In un mercato globalizzato e tecnologico, tali prodotti valgono meno. Ancora troppa l’incapacità del settore giudiziario e pubblico nella lotta contro il clientelismo e corruzione.
Basso livello di competenze
Scarseggia il capitale umano con competenze realmente applicabili al mondo della produzione. L’Italia si colloca negli ultimi posti, tra tutti i paesi industrializzati, per numero di laureati. Pochi i laureati, se paragonati a quelli degli altri paesi, ed in più molti di questi laureati preferiscono trasferirsi all’estero per lavorare. Altro fattore da tenere in considerazione, è la divisione e non comunicazione tra la scuola ed il mondo del lavoro. Si hanno così laureati con competenze spesso non in linea con le reali esigenze delle aziende e del mondo del lavoro. Pochi i laureati in materie tecnico-scientifiche che realmente servono alle imprese. Abbondano lauree in materie umanistiche e discipline artistiche. In Italia la domanda ed offerta di lavoro non si incontrano, ci sono così soggetti che sono o sovra-qualificati o sotto-qualificati per le posizioni aperte.
La non convergenza tra Nord e Sud
Le differenze tra Nord e Sud sono un problema presente da ormai anni. Questo è un ulteriore fattore che frena la capacità di crescita italiana. Se il Nord produce di più e compete con altri produttori esteri, il Sud resta ancora indietro, rallentando la crescita italiana. Ecco i dati Ocse sulla produttività: con media Ue pari a 100, in Italia la regione con maggior valore aggiunto per ora lavorativa è la Lombardia con indice del (119,6), a seguire le Province Autonome di Bolzano (114,9), Trento (113,4). Ed ancora: Lazio (111,2), Liguria (110,1), Emilia Romagna (109,7), Valle d’Aosta (106,8), Veneto (106,1), Piemonte (105,1). La Calabria risulta essere l’ultima regione con (77,1). Il divario tra Nord e Sud ha superato i 20 punti percentuale.
Pochi investimenti in ricerca ed innovazione
Ultimo fattore che rallenta la crescita italiana è la bassa spesa in ambito di ricerca ed innovazione. In un’economia globalizzata e tecnologica, investire in questi rami diventa essenziale per la crescita economica del paese. Sono Lombardia, Piemonte, Lazio ed Emilia Romagna le regioni che ad oggi investono di più in ricerca. Inoltre, le imprese italiane sono quasi tutte di medie-piccole dimensioni, a conduzione familiare ed operanti in settori produttivi tradizionali. Questo significa che non sono propense ad investire in innovazioni di vario tipo, risultando spesso “troppo vecchie” agli occhi delle grandi industrie tecnologiche estere.
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