E’ di questi giorni la forte protesta di nutriti gruppi di studenti che si sono letteralmente messi a campeggiare davanti alle loro università per rendere la nota la situazione del costo degli affitti, ormai diventato insostenibile per la maggioranza delle persone. In città come Milano si parla anche di 1200 euro per una stanza in condivisione. Ovviamente ci sono prezzi anche minori, che però sembrano non scendere sotto i 600 euro, un vero e proprio salasso per chi è studente. Anche lavorasse part-time, non potrebbe comunque riuscire a mantenersi da solo. E così intervengono, quando è possibile, i genitori. Ma anch’essi spesso non sono in grado di sborsare le cifre richieste, sempre più alte e per stanze sempre più piccole.
L’accamparsi in tenda degli universitari davanti alle loro sedi accademiche da parte degli studenti ha fatto venir fuori il problema ed ora almeno si stanno cercando delle soluzioni condivise, ma quali potrebbero essere? Diciamo subito che di soluzione non ce n’è una sola ed anzi ce ne sono diverse. Probabilmente il problema verrebbe quasi del tutto risolto solamente adottando un certo numero di comportamenti da parte della generalità degli studenti cosiddetti fuori sede. Anche perché, perlomeno alcuni, dovrebbero adattarsi a situazioni un po’ meno comode dell’abitare davanti all’università. Ma in ogni caso concentrarsi sul tenere un comportamento piuttosto che un altro probabilmente causerebbe solamente il fatto di concludere ben poco.
Una casa vicino all’università
Va detto che il vivere attaccati all’università che si frequenta è ad adesso una situazione adatta a non molte persone. Fondamentalmente chi è più benestante può permettersi di sborsare cifre maggiori di chi non lo è ed è quindi in grado di usufruire di servizi maggiori, come una stanza o addirittura un appartamento che dà direttamente sull’università. Uscire di casa ed entrare in aula è però roba per pochi. Certo, non è sempre e solo così: esistono infatti le borse di studio per chi riesce a tenere un rigido programma accademico e passa tutti gli esami con determinati voti, ad esempio. Ci sono poi gli studentati, ovvero alloggi messi a disposizione dall’università, però anch’essi senza una borsa di studio sono diventati ormai piuttosto costosi. Chi frequenta quindi potrebbe trovarsi a dover scegliere se lavorare per provare a mantenersi o fare solo l’università cercando di usufruire delle borse di studio. Un altro tassello è quello degli alloggi pubblici inutilizzati. Il Governo per il caso attuale ha sbloccato i fondi per poter mettere a disposizione degli studenti delle abitazioni pubbliche rimaste vuote. Però, va necessariamente detto che la filosofia che c’è dietro è comunque quella del “non tutti possono fare tutto”. Ovviamente chi ha più soldi a disposizione, è generalmente più avvantaggiato. E gli altri? Già, e gli altri?
Il pendolarismo
Una soluzione adottata da sempre da un gran numero di studenti fuori sede o meno, ma che comunque non hanno la possibilità di vivere vicino all’università, è quella di fare il pendolare. Sostanzialmente “all’uni”, ci si arriva coi mezzi, generalmente il treno, ma dipende da dove essa è dislocata. Può infatti essere necessario servirsi di bus e metropolitane. Ovviamente il viaggio richiede tempo, però ad esempio un’ora per andare all’università è un compromesso plausibile. Nei dintorni di Milano ad esempio esistono cittadine come Lodi e Crema che sono ottimamente collegate e tutto si può dire a parte che non siano vivibili e a dirla tutta pure abbastanza carine, con delle vie centrali adattissime anche ai più giovani per fare vita sociale. E’ estremamente probabile che questa sia una situazione che si replica anche per altre grandi aree metropolitane dove si concentrano le sedi universitarie. Un’altra soluzione derivante dal pendolarismo è quella di trovare stanze o nel caso migliore piccoli appartamenti nei paesi dotati di una stazione ferroviaria sulle linee che portano alla città di riferimento. Paesi spesso piccoli e semi o del tutto sconosciuti ma che permettono di trovare un alloggio a prezzi molto, ma molto più accessibili.
Parlando di ragazzi che hanno vent’anni o anche meno, è sostanzialmente impossibile nell’analisi della questione non considerare il poter fare vita sociale, cosa che tra l’altro fa a pieno titolo parte della vita universitaria. Spesso si esce per scambiarsi idee, opinioni, suggerimenti e via dicendo, oltre che per conoscere gente e fare esperienze che poi rimarranno nel proprio bagaglio culturale. Ovviamente uscire la sera a Milano o Roma, non è come farlo in un paese di provincia, o non farlo proprio per mancanza del luogo adatto. Ma come detto, è normale che non tutti possano o riescano a fare tutto quel che si può fare ed è quindi ovvio che una buona parte di studenti dovrà rinunciare a qualcosa. E questo qualcosa può ben essere la vita sociale di una grande città, che per quanto importante è comunque secondaria rispetto alla frequenza delle lezioni e allo studio e preparazione degli esami. Chi vive in città è in un certo qual modo avvantaggiato, ma non per questo bisogna rinunciare a trovare un’abitazione a poco prezzo localizzata in un piccolo comune che però è ben servito dalle linee ferroviarie o stradali.
Detto che bene hanno fatto i giovani studenti a mettere in atto una protesta così forte allo scopo di portare alla luce il problema, probabilmente la soluzione migliore è data da un mix di tutto quello che è possibile fare, compreso in un certo qual modo il calmierare il prezzo di almeno alcuni affitti, in modo che domanda e offerta possano continuare ad incontrarsi. Sostanzialmente, tra chi può permettersi un alloggio vicino all’università, gli studentati pagati con le borse di studio, il controllo dei prezzi di certi affitti (non sempre il mercato riesce ad autoregolarsi) ed il pendolarismo proveniente da luoghi diversi, anche i più anonimi, si dovrebbe ben riuscire ad annullare, o comunque a ridurre di molto, il problema di dove far alloggiare gli studenti universitari fuori sede.