L’uso di collegarsi a Internet per cercare un lavoro è sempre più diffuso. Consultare annunci online o visitare il sito dell’azienda in cui si sogna di lavorare è una prassi che molti candidati (soprattutto i più giovani) utilizzano ormai da tempo. Ma non si pensi che la Rete sia immune da insidie. Anzi: quando inoltriamo la nostra candidatura online, ricordiamoci che il potenziale reclutatore può consultare i nostri profili social e scartarci nel caso in cui ravvisi qualcosa che – a suo giudizio – non va.
Di questo e altro ancora si è occupato una recente ricerca confezionata da Adecco (Work Trends Study 2015) che ha interpellato più di 2.700 candidati e 143 selezionatori italiani su “social recruiting” e “digital reputation“. Il primo dato emerso dall’indagine è che Internet è lo strumento utilizzato dall’80% dei candidati e dal 64% dei selezionatori interpellati per cercare lavoro o risorse da assumere. E che le bacheche di annunci online sono i canali più sfruttati (dal 53% dei candidati e dal 43,4% dei reclutatori), seguiti dai siti aziendali (32% dei candidati, 33,5% dei reclutatori) e dai social media (15% dei candidati, 23% dei reclutatori).
Più nel dettaglio: a farla da padrone è Linkedin che viene utilizzato dal 32,4% dei candidati e dal 42% dei selezionatori, mentre facebook viene sfruttato (in chiave meramente lavorativa) solo dall’1,1% dei candidati e dal 4% dei reclutatori. Ma non deve, per questo, essere trascurato perché quando un selezionatore rimane positivamente colpito dalla nostra candidatura, può pensare di consultare i nostri profili social per carpire più informazioni sul nostro conto. Ed è allora che le cose potrebbero mettersi male. Secondo la ricerca, infatti, il 35% dei selezionatori ha deciso di scartare un candidato dopo aver visitato il suo profilo social. Perché? Nel 20% dei casi perché ha trovato foto sconvenienti, nel 18,2% dei casi perché ha reperito informazioni che non combaciavano con quelle inserite nel curriculum e nel 16% dei casi perché ha colto tratti della sua personalità considerati “discutibili”. Una foto scomposta o un commento superficiale potrebbero, insomma, costarci l’assunzione.
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