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Cessione ramo d’azienda, ammessa solo se è preesistente all’operazione

La Corte di Cassazione si pronuncia sull’ammissibilità dell’operazione di cessione di ramo d’azienda.

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cessione ramo d'azienda



La cessione del ramo d’azienda è prevista dall’art. 2112 del Codice Civile, ma per la Corte di Cassazione tale operazione non può essere considerata, a tutti gli effetti, senza limiti ed eccezioni. Anzi, con la sentenza n. 18675 del 4 settembre 2014, la Suprema Corte contribuisce a stringere i campi di ammissibilità di una singola transazione societaria, affermando che la cessione è valida solamente se il ramo è preesistente, e non se è stato sostanzialmente “creato” ad hoc per poter dar seguito a una falsa ristrutturazione aziendale (generalmente adottata per potersi liberare di una parte dei dipendenti).

La pronuncia dei giudici della Cassazione è frutto del lungo iter giudiziario di un caso sorto dinanzi al primo grado del Tribunale di Bologna, dove 4 lavoratori ricorsero per accertare l’insussistenza della cessione di ramo d’azienda da parte del datore di lavoro, lamentando la mancata preesistenza dell’autonomia funzionale e organizzativa del ramo rispetto al momento della cessione stessa.

Dopo i vari gradi di giudizio, la vicenda è giunta sulle scrivanie della Suprema Corte, la quale – in merito all’illegittimità della cessione di ramo d’azienda di cui discutiamo ora – ha ricordato come il ramo d’azienda, ex art. 2112 cod.civ., che può essere suscettibile di autonomo trasferimento (seguendo la disciplina già dettata per la cessione dell’azienda), è l’entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità.

Sulla base di tale incipit, la Corte di Cassazione ha quindi ricordato che la definizione di cui sopra deve essere intesa nel senso che deve preesistere una realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata appositamente in occasione del trasferimento, o identificata tale dalle parti in causa.

Cessione di ramo d’azienda: l’orientamento della Corte di Giustizia UE

La pronuncia della Suprema Corte punta inoltre a richiamare la recente pronuncia della Corte di Giustizia UE del 6 marzo 2014 n. C-458/12, secondo cui non si ha trasferimento di ramo di azienda se il ramo non preesiste alla cessione, e che in tal caso spetta all’ordinamento nazionale tutelare il lavoratore. Se sussistono i presupposti indicati dall’esperienza giurisprudenziale, sono considerati come facenti parte del ramo d’azienda anche i dipendenti che prestano la loro attività per la produzione di beni e servizi del ramo d’azienda stesso. Pertanto, anche i dipendenti vengono trasferiti dal cedente al cessionario, e senza necessità di un loro consenso, pur rimanendo fermo che il lavoratore può far valere in giudizio – come è accaduto nel caso in questione – la non configurabilità del trasferimento di un ramo d’azienda.

Nell’ipotesi in cui manchino i presupposti previsti dalla legge, la cessione del ramo d’azienda è inefficace.

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