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Che cos’è la violenza economica contro le donne

La violenza economica è una forma subdola di violenza che tende a rendere la donna economicamente dipendente dall’uomo.

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Un fenomeno poco conosciuto ma molto diffuso è quello della violenza economica contro le donne. Secondo l’Istat oltre il 37% delle donne che si rivolge ad un centro antiviolenza lo fa per motivi di violenza economica. Da una ricerca condotta da Episteme intitolata “Le donne e la gestione famigliare” è emerso che circa il 40% non ha un proprio conto in banca, una percentuale che a quanto pare diventa tanto più alta quanto è più basso il livello di scolarizzazione e che può arrivare anche al 100%. Per questo è importante conoscere questo fenomeno, in modo da poterlo contrastare in ogni sua forma.

Ma cos’è esattamente la violenza economica sulle donne? Detto in parole povere è quando un uomo crea o perlomeno tenta di creare le condizioni per le quali la donna debba dipendere economicamente da lui. Ciò può avvenire in diverse forme, come ad esempio il controllo delle risorse finanziarie l’esclusione dalle scelte di spesa o investimento, la negazione dell’accesso al denaro e quella di poter lavorare. Tutto ciò limita di fatto la libertà di una donna. Vi sono poi altri tipi di violenza economica come “l’obbligo di fare da prestanome assumendo la carica di amministratore in società di cui la donna non sa o non decide nulla o la richiesta di prestare garanzie per debiti assunti da compagni o mariti trovandosi poi in situazioni di indebitamento per molti anni laddove gli stessi non adempiano alle loro obbligazioni”. E’ quanto emerge dalla guida ideata e pubblicata sul tema dal Consiglio Notarile di Torino assieme alla Banca d’Italia, che verrà presentata il 30 maggio e scaricabile qui.

L’ideale sarebbe ampliare la conoscenza, o per meglio dire, l’alfabetizzazione finanziaria in modo che esse possano difendersi dai subdoli tentativi di renderle economicamente dipendenti. La libertà economica infatti equivale a quella psicologica. Il tentativo di sottomettere una donna dal punto di vista delle finanze è qualcosa che va combattuto strenuamente. Una violenza economica può appunto trasformarsi anche in violenza psicologica e poi in quella fisica. Il fenomeno in questione non è certo nuovo ed era già stato affrontato anche nel 2011 dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne, definendo anche quella economica come tale, come quella psicologica e fisica.

Il reddito di libertà

In Italia esiste una misura apposita contro la violenza economica sulle donne, approntata dallo scorso Governo Draghi. Si tratta del reddito di libertà, cumulabile con quello di cittadinanza e che consiste in 400 euro mensili per un massimo di 12 mesi. Non è moltissimo ma è sicuramente qualcosa. Secondo la legge, in vigore da metà 2021, lo scopo è quello di “favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà”. Per poter chiedere il reddito di libertà, erogato dall’Inps, devono sussistere tre requisiti: essere una donna (che vive da sola o con figli minori), essere vittima di violenza, ed essere in particolari condizioni di vulnerabilità.

Inoltre, recita ancora il provvedimento, vi è la necessità che la vittima sia “seguita dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia”. Il Governo Draghi aveva stanziato un fondo, non enorme a dire il vero, di 3 milioni di euro. L’assegno può essere percepito da tutte le donne vittime di violenza che hanno tra i 18 e i 67 anni e come detto è cumulabile con altri tipi di assegni. Il reddito di libertà è dedicato a garantire sia l’autonomia abitativa che quella personale, nonché a garantire il percorso scolastico dei figli minori ove ce ne siano. Per fare domanda serve un’autocertificazione, l’attestazione del centro antiviolenza da quale si è seguiti e quella dei servizi sociali.

Sicuramente 400 euro per un solo anno non sono poi una grande cifra, ma il provvedimento ha il grande merito di sdoganare un problema molto preciso, subdolo e poco conosciuto contro il quale spesso le donne vengono lasciate sole. E’ quindi da accogliere con tutta la positività del caso, sperando che le iniziative in tal senso si moltiplichino e diventino sempre più concrete e sostanziose.

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