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Come gestire l’invidia e trasformarla in qualcosa di positivo

Dietro l’invidia che spesso si prova di fronte al successo degli altri si nasconde un vacillamento della nostra auto-stima. Per gestire tale turbamento emotivo fino a trasformarlo in un’energia positiva, affidandoci ai consigli di alcuni esperti!

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Perché siamo invidiosi



La comunicazione dell’ennesimo avanzamento di carriera del cugino più brillante della famiglia – a cui, sia detto per inciso, siete visceralmente legati – vi procura un certo fastidio? Non sentitevi troppo in colpa: l’invidia che vi prende alle spalle non si origina da una vostra gratuita cattiveria, ma da una probabile carenza di autostima che può portarvi a immaginare scenari catastrofici. Questo perché si tende a pensare (erroneamente) che il successo delle persone che ci stanno vicine sia una prova della nostra inadeguatezza o che, se noi non abbiamo raggiunto gli stessi risultati, è perché non abbiamo fatto abbastanza. In altre parole, si trasforma un fatto esterno, senza conseguenze oggettive sul nostro percorso di vita e professionale, in una minaccia al nostro senso di sicurezza e al raggiungimento delle nostre aspirazioni.

Tenere a bada l’invidia e non consentirle di intossicare i rapporti che abbiamo faticosamente costruito negli anni è possibile. Come si fa? Scopriamolo rivolgendoci ad un articolo pubblicato sul blog di Trello (che abbiamo letto e rielaborato per voi), che dispensa buoni consigli a riguardo. Gestire l’invidia e trasformarla in qualcosa di positivo non sarà la cosa più facile da fare, ma chi darà prova di impegno e di buona volontà, non potrà che trarne significativi giovamenti.

Come gestire l’invidia: tre consigli da cui partire

Appurato che quello dell’invidia è un sentimento umanissimo, particolarmente difficile da neutralizzare, cerchiamo di capire se è perlomeno possibile “domesticarlo”. Stando a una ricerca pubblicata sulla rivista Forbes, ci sono tre diversi tipi di reazione che possono innescarsi, quando una persona a cui siamo sinceramente legati ci rende partecipi di un suo successo:

  • Reazione di sottomissione: al cospetto della notizia, restiamo passivi e ci raccontiamo che l’altra persona è più capace di noi e che è impossibile competere con lei. È una forma di auto-conservazione che impedisce ogni sorta di cambiamento (non ci mettiamo in gioco perché abbiamo troppa paura di fallire) e che ci condanna a rimanere impantanati nelle sabbie mobili.
  • Reazione distruttiva: è quella che si innesca, quando i pensieri velenosi prendono il sopravvento su tutto e ci portano a criticare o screditare pesantemente la persona che diciamo di stimare ed apprezzare da una vita.
  • Reazione ambiziosa: il successo della persona cara ci sprona a pretendere di più da noi stessi. L’orgoglio e la voglia di dimostrare che valiamo anche noi ci portano, in pratica, a rimboccarci le maniche.

Per evitare che l’invidia assuma queste subdole forme di scorrettezza e di tradimento, occorre lavorare su noi stessi. Ecco da dove partire:

Riconosciamo il problema

Inutile mettere la testa sotto la sabbia: la prima cosa da fare – per quanto possa risultare difficile e imbarazzante – è riconoscere di essere invidiosi. Fare finta di niente non ci farà stare bene, anzi ci provocherà uno stress mentale che, presto o tardi, ci sposserà anche a livello fisico, con emicranie, mal di pancia e indisposizioni varie che non ci lasceranno scampo. Diamo un nome alle nostre emozioni (anche a quelle più negative) anziché fuggire da esse e impariamo a gestirle per quello che sono.

Razionalizziamo

Spesso ci capita di ingigantire le cose e di scrutarle attraverso una lente deformante che ci porta a leggere, in maniera catastrofica, la realtà. Fermiamoci un attimo e cerchiamo di rimanere lucidi: perché il successo del nostro amico dovrebbe avere risvolti negativi sulla nostra vita? Cosa ci toglie veramente? I suoi avanzamenti non vanno di pari passo coi nostri presunti fallimenti; riflettiamoci su e tutto apparirà meno sconfortante e nero.

Traiamo ispirazione

Anziché permettere all’invidia di avvelenare i rapporti che abbiamo costruito con gli amici e i parenti più talentuosi, cerchiamo di focalizzarci sui benefici che possiamo trarre dai loro successi. La loro storia, costellata di raggiungimenti e gratificazioni, può farci da bussola, portandoci a trovare il nostro personale benessere. Traiamo ispirazione dal loro impegno e dalla loro tenacia e iniziamo a considerarle risorse preziose, da cui c’è tanto da imparare. Meglio affidarsi ai consigli di un amico fidato, che condivide una parte importante della nostra storia personale, che consultare un esperto che non sa niente di noi.

La teoria di Tesser: quando il successo degli altri ci mette in crisi

Poiché il successo delle persone più care (amici o parenti con cui abbiamo condiviso tanto) ci suscita, di norma, un malessere che cerchiamo faticosamente di dissimulare? Perché ci costringe a fare i conti con noi stessi e a domandarci per quale motivo, mentre loro vanno avanti, noi restiamo sempre fermi allo stesso punto. A riflettere sull’argomento è stato, tra gli altri, lo psicologo americano Abraham Tesser che, nel 1988, ha elaborato un’interessante teoria a riguardo.

Stando a quanto argomentato nella “Self-Evaluation Maintenance Theory”, quando qualcuno a cui siamo particolarmente legati consegue un successo, questo impatta direttamente sulla nostra auto-valutazione, condizionando il giudizio sul nostro conto e sulle nostre capacità. Succede, secondo Tesser, perché tendiamo a usare le persone che ci stanno vicine come dei “righelli”, che segnano e misurano gli andamenti della nostra vita. E quando avvertiamo di essere rimasti “indietro” rispetto agli altri, la nostra autostima inizia a vacillare pericolosamente, facendo crollare la fiducia in noi stessi. Detta in parole povere: più le persone che ci “ronzano” regolarmente intorno hanno successo, più è probabile che entriamo in crisi.

La tendenza a paragonare ciò che abbiamo raggiunto nel corso della vita (al lavoro, in amore, nell’amicizia ecc.) con ciò che hanno ottenuto i parenti e gli amici più intimi può generare un forte senso di frustrazione e spianare la strada a un “auto-declassamento” insidioso, che può farci diventare insicuri e rancorosi. Perché questo accada con le persone a cui vogliamo più bene, è presto detto: trattandosi di individui di cui conosciamo pressoché tutto e coi quali condividiamo tanto, tendiamo a pensare che i loro successi siano raggiungibili (alla nostra portata) e ci convinciamo che, se non riusciamo a centrarli, è perché siamo degli incapaci e degli incompetenti.

Impegniamoci al massimo per tenere a bada l’invidia che può esplodere come una bomba provocando danni ingenti. Questa, come avvertiva Socrate secoli fa, “è l’ulcera dell’anima”, che rischia di inficiare i nostri rapporti personali e di assestare un colpo mortale al nostro benessere e alla nostra felicità.

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