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Chi decide le ferie del dipendente?

Chi decide le ferie del lavoratore? A farlo è il datore di lavoro, che ha l’ultima parola. Ma deve sottostare ad alcune regole.

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Una questione che spesso si ripropone nella gestione dei dipendenti è quella delle ferie. Chi decide quando e per quanto tempo un lavoratore può o anche deve andare in ferie? Il lavoratore stesso o il datore di lavoro? Su questo punto vi sono da sempre incomprensioni e punti di vista differenti, che certo non aiutano a risolvere le questioni che si pongono negli ambienti di lavoro. Diciamo subito una cosa quindi: le decisioni che riguardano le ferie dei lavoratori spettano al datore di lavoro, o comunque ad un suo delegato, deputato in quel caso a decidere sulla questione. Ci sono però delle precisazioni da fare.

Cosa dice la legge

A disciplinare la materia ferie è il Codice civile all’art. 2109 che recita che il periodo di ferie deve verificarsi “nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge” Ciò significa che l’ultima parola sul quando un lavoratore possa andare in ferie spetta al datore di lavoro, che però è tenuto a mediare tra le esigenze della sua azienda e quelle del lavoratore stesso. Questo vuol dire che in nessun caso un datore di lavoro od un suo sottoposto chiamato a decidere sulla questione può stabilire le ferie di un qualunque dipendente in maniera vessatoria. Ciò significa che è sì possibile modificare il periodo di ferie a qualcuno sulla base di esigenze aziendali, ma l’interessato deve essere avvisato personalmente e con un periodo di preavviso congruo. Ovvero nessuno può ad esempio annullare le ferie il giorno prima della partenza se ciò viene fatto contro la volontà del lavoratore interessato.

Un’altra cosa da tenere presente che è a monte dell’art 2109 del Codice civile e che probabilmente non tutti sanno è che le ferie sono esattamente un diritto costituzionale. Vale a dire che non qualche legge a stabilire che debbano esistere, ma è direttamente la Costituzione, precisamente all’art 36, il quale recita che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale ed a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Anche qui è da chiarire che un dipendente non può quindi fare a meno di godere del suo periodo di ferie per ad esempio farsele retribuire. Deve necessariamente usufruire dei periodi di vacanza stabiliti dalla legge.

Un’altra norma da tenere presente nel capire come vengono disciplinate le ferie è l’art 10 del DLGS 66/2003, il quale spiega che “il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. Detto in parole povere, delle quattro settimane alle quali si ha diritto, due devono essere necessariamente godute nell’anno in corso, ovvero quello in cui le si chiede e si ha diritto di averle consecutive, mentre le altre due nei successivi 18 mesi. Ed è questo il motivo per il quale avviene il cumulo delle ferie.

E’chiaro infatti che se si utilizzano due settimane su quattro in un anno, le restanti due finiranno nell’anno successivo, quando però il monte ore delle ferie si rinnova. E diventa così abbastanza complicato goderle tutte. Come detto, non è possibile farsi pagare le ferie di cui non si è usufruito, nemmeno se è l’azienda a non concederle, azienda che però è tenuta a pagarle tutte alla fine del rapporto di lavoro (cioè in caso di licenziamento o pensione). Va anche sottolineato che, secondo la normativa, in un ipotetico primo anno di lavoro un’azienda potrebbe anche imporre di fare solo due settimane di ferie, ma nell’anno e mezzo successivo bisognerà godere di almeno 4 settimane (le due dell’anno dopo al primo, più quelle da recuperare). In alcuni casi però la contrattazione collettiva ha il potere di ridurre, ma anche aumentare, il periodo minimo di ferie durante l’anno della richiesta, cioè limitarlo ad una settimana, od estenderlo ad esempio a tre.

Cosa non si può fare

Ma quando un periodo di ferie, o anche un solo giorno, viene dato in maniera sbagliata da un datore di lavoro? Un caso non così raro è quello che recentemente è stato chiarito da una sentenza della Corte di Cassazione, emanata nel 2022. Gli Ermellini si sono espressi su una vicenda avvenuta tra il 2012 ed il 2013, quando un datore di lavoro aveva messo in busta paga dei giorni di ferie ad alcuni lavoratori che questi ultimi non avevano mai richiesto. La comunicazione inoltre, a quanto pare non era mai stata fatta agli stessi lavoratori che lo avevano scoperto attraverso le buste paga, come spiega il sito dello studio legale Canella-Camaiora, che ha dedicato un articolo al caso in questione. La sentenza (che ne cita altre) spiega che “il potere attribuito all’imprenditore, a norma dell’art. 2109 c.c., di fissare il periodo di godimento delle ferie da parte dei dipendenti implica anche quello di modificarlo pur in difetto di fatti sopravvenuti, in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, senza che in senso contrario rilevi la prescrizione relativa alla comunicazione preventiva ai lavoratori del periodo stabilito, dalla quale tuttavia si desume, da un lato, che anche le modifiche debbono essere comunicate con preavviso e, dall’altro, che gli eventuali rilievi del lavoratore, che ritenga l’indicazione del datore di lavoro in contrasto con i propri interessi, devono intervenire senza dilazione”.

Da questa parte di testo si evincono tutti i concetti già espressi in precedenza, e cioè che è sì l’imprenditore a decidere, ma non può farlo esclusivamente secondo il suo volere. Deve invece attenersi alle leggi che regolano la disciplina e deve inoltre comunicare con un certo anticipo l’eventuale modifica dei periodi di ferie (che in questo caso sembra non fossero nemmeno stati richiesti). Inoltre, il datore di lavoro è comunque tenuto a considerare nella sua decisione anche le esigenze del lavoratore, che può ben farsi sentire in caso di disaccordo. In ogni caso, il consiglio è sempre quello di mantenere ottimi rapporti aziendali e raggiungere verbalmente un accordo che soddisfi tutti evitando inutili ed infruttuosi scontri. Non c’è infatti alcuna necessità (e nemmeno lo si può fare, materialmente parlando) di voler per forza imporre un periodo di ferie che l’azienda non accetta o comunque fa fatica a digerire.

Bisogna sempre pensare infatti, che chi deve decidere le ferie non deve mediare solo tra le esigenze aziendali e quelle del lavoratore, ma tra le prime e quelle di almeno un buon numero di dipendenti, visto che normalmente essi vanno in vacanza più o meno tutti nello stesso periodo (normalmente luglio/agosto e durante il periodo natalizio). La pratica migliore è quindi quella di cercare l’accordo anche a volte rinunciando a qualcosa, in favore di una migliore situazione lavorativa. Qualcosa potrebbe non arrivare quando lo si desidera, ma giungere invece sotto altri aspetti in un momento diverso. Opporsi forzatamente invece, creerà solo dissidi che potrebbero ripercuotersi anche in altri ambiti, in situazioni e periodi diversi. E’ sempre da capire che la stessa richiesta fatta da un lavoratore potrebbe averla fatta anche un altro, o altri tre ed il decisore trovarsi, per così dire, tra l’incudine ed il martello. Una buona pratica è inoltre quella di chiedere le ferie per tempo, quando ciò è possibile. Comunicarle molti mesi prima è un ottimo metodo per ottenere ciò che si vuole. Spesso chi prima arriva meglio alloggia.

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