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Come verificare le notizie sul lavoro, il caso della bidella pendolare

Come verificare le notizie sul lavoro e perché, attraverso controlli mirati e un modo di pensare piuttosto critico ma positivo.

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Come si verificano le notizie sul lavoro? Come si fa a sapere cosa è vero e cosa no? E a cosa serve verificarle? Diciamo subito che per un lettore non sempre è possibile effettuare un controllo accurato sulla veridicità di una notizia, questo perché anche se all’apparenza può sembrare una cosa piuttosto semplice, non è per niente detto che sia così, anzi. Le verifiche infatti starebbero sempre ai giornalisti, prima della pubblicazione. Questo però non deve scoraggiare, tutt’altro, deve invece stimolare il pensiero critico in modo da rendere la nostra mente più consapevole del fatto che quel che ci viene trasmesso da giornali e tv non sempre è esatto e quindi bisogna pensarci su molto bene per rendersene conto ed eventualmente attivare dei controlli mirati. Che una notizia sia errata o incompleta può avvenire per mille ragioni, ma sostanzialmente ciò che interessa è essere in grado di confutarla sia nei fatti che nelle intenzioni.

Il caso

Per spiegare questo concetto prenderemo un caso recente, in grado di fare scuola. Il caso in questione è quello della bidella di Napoli che lavora a Milano e prende il treno tutti i giorni per andare al lavoro. La questione a tre giorni dalla sua uscita non è ancora del tutto chiara, in quanto è stata raccontata in diversi modi. Una ragazza di 29 anni di Napoli ha spiegato di alzarsi tutti i giorni alle 3.30 di mattina, prendere il treno verso le 5 da Napoli, per arrivare a Milano e lavorare come bidella, avendo avuto la fortuna di ottenere un posto indeterminato, e tornare a casa dopo il lavoro, sempre col treno, rientrando verso le 23. Perché tutto questo? La ragione addotta dalla ragazza è quella degli affitti di Milano troppo cari. Ha spiegato di spendere 400 euro al mese col treno e che per quella cifra non fosse possibile trovare nemmeno una stanza in zona. Con uno stipendio di poco più di 1100 euro netti non ha trovato di meglio che fare avanti indietro, anche perché in questo modo rivede ogni giorno la famiglia.

La storia ha stimolato i buoni sentimenti delle persone, ma qualcosa fin da subito non è tornato. Cosa? Il prezzo del biglietto. Ovvero un Milano-Napoli andata e ritorno è impossibile costi 20 euro (400 euro diviso per venti giorni di lavoro). La verifica sarebbe stata facile (sarebbe bastato controllare il prezzo dei biglietti sul sito del treno utilizzato) se non fosse che le versioni hanno iniziato a sovrapporsi. Un noto quotidiano ha raccontato la storia spiegando che la donna utilizza ogni giorno il Frecciarossa, ma un altro quotidiano ha parlato di Italo. Quale treno prende la bidella? Da alcuni controlli ex post è risultato che la bidella si sarebbe presentata due volte al lavoro e poi messa in congedo retribuito, ma per altri controlli la donna sarebbe venuta al lavoro almeno per due mesi. Per altri ancora era già presente l’anno prima

Come si verifica una notizia di questo tipo? Ecco, per capire bisogna tenere presente che andare a vedere il costo del biglietto non è sufficiente. Perché? il costo standard è di circa 70 euro sola andata, ma ecco alcune domande: la bidella usa Italo o Frecciarossa? Quanti biglietti compra tutti insieme? E quanto prima li compra? Esistono carnet che riducono il prezzo? Esistono abbonamenti mensili/semestrali/annuali? Di quanto si riduce il costo se esistono? Esistono sconti per gli under 30 o 35? E nel caso si possono unire a quelli degli eventuali abbonamenti? Queste sono solo alcune domande di verifica, che bisognerebbe farsi controllando entrambi i siti ed incrociando i dati per fare poi i calcoli. Per chi usa quel tipo di treni tutti i giorni probabilmente molte cose sono già chiare, ma per gli altri no. Una verifica fatta da giornalisti è stata quella di chiamare la scuola, ma immaginatevi migliaia di persone comuni che chiamano un istituto per fare tutti la stessa domanda! Perché la scuola dovrebbe rispondere a sconosciuti? Cosa vogliamo dire con questo? Che alcuni controlli se non li fanno i giornalisti sono letteralmente impossibili, ma altri anche se difficoltosi si possono tranquillamente fare se si ha tempo e voglia. Bisogna però sapere cosa fare e per saperlo bisogna avere una mente con un pensiero critico.

A cosa serve verificare le notizie sul lavoro

Ma qual è l’utilità di mettersi a fare verifiche su una notizia come quella della bidella? Allora, qui bisogna essere chiari. In questo caso c’è di mezzo molta curiosità, perché la notizia stimola i sentimenti, però non è solo così. Ad esempio credere ciecamente a questa storia potrebbe portare qualcuno ad intraprendere un difficile percorso casa-lavoro, accettando quest’ultimo molto (troppo) lontano da casa pensando di reggere per poi non riuscirci, risultando letteralmente vittima del pensiero “se ce la fa lei ce la faccio anche io”. Ciò può anche essere vero ovviamente, ma la decisione non può dipendere dal fatto di credere alla storia della bidella. A quel punto la notizia bisogna capirla meglio e verificarla, anche aspettando qualche giorno. Se qualcosa non è vero è sempre all’inizio che si viene “fregati”, perché di solito poi arriva sempre qualcuno a confutare informazioni che risultano troppo forti.

Uscendo dal caso della bidella, possiamo fare un altro esempio piuttosto classico, quello che riguarda tutta la narrazione sul Reddito di cittadinanza. Se da una parte si fa sempre notare che c’è chi non accetta lavori da 1300 euro al mese perché “ha il Reddito di cittadinanza e poi lavora in nero quindi non gli conviene, così gli imprenditori non trovano personale”, dall’altra si risponde continuamente che “chi non accetta i lavori è perché viene sottopagato e se gli dai uno stipendio di 700 euro senza contribuiti e ferie fa bene a preferire il sussidio”. Dove sta la verità? Nel mezzo ovviamente. In questo caso ad esempio bisogna capire che verificare ogni singola notizia sull’argomento oltre che impossibile è anche inutile. Si tratta di due narrazioni differenti e contrapposte. Nessuna delle due è totalmente vera, ma nessuna delle due è totalmente falsa. Cosa vuol dire? Vuol dire che è vero sia che ci sono giovani e meno giovani che non accettano lavori pagati dignitosamente (secondo i CCNL) perché non vogliono perdere il sussidio e chiedono magari di lavorare in nero mettendo in difficoltà l’imprenditore che così resta senza personale, sia che esistono imprenditori che sottopagano il personale e che ovviamente se lo stipendio è troppo basso e troppo vicino alla cifra che percepisce chi gode di Rdc, quest’ultimo non accetterà di lavorare per quella cifra lì. I secondi abbassano la soglia di tolleranza, riducendo così la platea di persone disposte a lavorare. Mentre i primi tale soglia di tolleranza la aumentano e infatti solitamente hanno molti meno problemi a trovare personale, però va detto che anche loro si devono confrontare col fenomeno del rifiuto di accettare il posto di lavoro a causa del sussidio. Semplicemente i casi in questione che li riguardano sono in numero molto minore.

Ma a cosa serve sapere tutto questo? Psicologicamente è molti importante: non essere schiavi dell’ideologia (falsa) che vuole far passare l’idea che tutti gli imprenditori siano sostanzialmente degli sfruttatori, aiuta a non avere paura nella ricerca del lavoro, si è più positivi, più performanti, fiduciosi, coraggiosi, ben disposti. Non pensarla in modo negativo produce tutti questi effetti qui, e molti altri, aumentando di gran lunga le possibilità di trovarlo un lavoro, quando lo si sta cercando. Anche imbattendosi in qualcuno che sottopaga, si cambierà semplicemente destinazione, trovandone una più congrua. Dall’altra parte, anche per gli imprenditori è importante sapere che non è vero che “tutti i giovani non hanno più voglia di imparare il mestiere e vogliono lavorare in nero”. Esistono centinaia di casi in cui ragazze e ragazzi hanno addirittura avviato una loro attività, spesso non facile, con tutte le buone intenzioni del mondo, ed esistono almeno altrettanti casi (ma a dirla tutta sono molti di più), in cui lavori pagati in modo corretto siano stati accettati di corsa da persone anche molto giovani (ma non solo), che sono state le più felici del mondo di poter uscire dalla zona sussidi, che pure le ha aiutate quando il lavoro non ce l’avevano. Il lavoro, ricordiamolo, è componente fondamentale della realizzazione di una persona.

Un argomento correlato al lavoro è la scuola e vale esattamente lo stesso discorso. Pensare che un qualsiasi indirizzo scolastico vada migliorato va benissimo, pensare che non formi per niente è una stupidata. Come minimo apre la mente, così come l’università. Spesso simili obiezioni vengono fatte anche sui master. Ma i master sono percorsi formativi di altissimo livello. E’ ovvio che anche chi li frequenta può in minima parte avere problemi a trovare un posto di lavoro, ma le possibilità di averli tali problemi diventano così remote che rientrano nei cosiddetti casi della vita, che non possono non esistere in toto. Di master è quindi importante scegliere quello giusto.

Il pericolo è dunque la polarizzazione del pensiero. Il credere che sia tutto vero o tutto falso riduce, in un senso o nell’altro, le possibilità di capire e quindi anche di ottenere qualcosa di buono, ciò vale per chiunque, qualsiasi cosa faccia.

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