Tra il 2012 e il 2013 le imprese cinesi in Italia sono aumentate del 6,1%, seguendo la tendenza generale che ha visto crescere tutto il comparto delle imprese capeggiate da stranieri, ma con un incremento del numero pressoché doppio. Il dato macro infatti ha rivelato che l’aumento numerico di aziende straniere si è “fermato”, se cosi si può dire, al 3,1%. E’ quanto messo in luce dall’ultimo rapporto della Cgia di Mestre che ha anche sottolineato come a tale crescita sia corrisposta una diminuzione di quelle italiane di imprese, pari a circa 1,6%, precisando, come è ovvio che il raffronto va fatto anche e soprattutto in termini assoluti. Se nel primo caso (quello delle imprese straniere), stiamo parlando di centinaia di migliaia di attività, nel secondo (quello che riguarda le attività produttive italiane) il numero in questione è letteralmente non paragonabile, visto che si tratta di svariati milioni di insediamenti.
Nonostante il significativo aumento di imprese cinesi, in Italia a farla ancora da padrona a livello numerico sono quelle fondate e guidate da imprenditori provenienti dal Marocco, con 72.014 aziende. A seguire la Romania, con 67.266 quasi raggiunta proprio dalla Cina, con 66.050. La particolarità dell’aumento doppio o quasi delle aziende cinesi rispetto a tutte le altre di origine straniera è un dato che non si riferisce solo al periodo in esame. La Cgia infatti ha notato una quasi identica situazione partendo dall’ormai lontano 2008. Le imprese cinesi nel quinquennio che arriva fino al 2013, sono numericamente cresciute del 42,9% a fronte di un 23,1% fatto segnare dal dato generale.
Ristoranti, alberghi e bar, sono tra le attività più gettonate tra i nuovi imprenditori provenienti dal Paese della Grande Muraglia, con circa 13.700 aziende aperte, ma i settori nei quali maggiormente operano le imprese cinesi risultano essere quelli del commercio (molti i venditori ambulanti, ma sempre più spesso spuntano negozi di abbigliamento e mercatini “di tutto un po’”), con 24.050 imprese e quello manifatturiero (oltre 18.000), concentrato in gran parte sulla produzione di vestiti e scarpe. Più staccate, ma in fortissima crescita anch’esse (+34% tra 2012 e 2013), le attività rivolte ai servizi alla persona, come parrucchieri, estetiste e centri massaggi (circa 3400 unità).
Secondo Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, che ovviamente riferisce le sue osservazioni alle imprese legalmente riconosciute, il “segreto” di questo vero e proprio boom starebbe nella forte vocazione imprenditoriale dei cinesi. Una volta lasciato il loro Paese di origine, ha spiegato Bortolussi “sono tra i migranti più abili nell’impiegare le reti etniche per realizzare il loro progetto migratorio che si realizza con l’apertura di un’attività economica”. Lo si evince facilmente anche dal numero di imprese raffrontato al numero di immigrati in Italia: 66.000 le prime, 223.000 i secondi. In pratica, facendo una pur semplicistica media, quasi un cinese su tre presente in Italia ha aperto un’attività in proprio.
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