Meno incombenze familiari e più riguardi in ambito lavorativo e retributivo. Sembra proprio che in Italia gli uomini vivano meglio delle donne. Lo ammettono in un sondaggio sulle responsabilità e il ruolo della donna nella società italiana, condotto dall’Istat e intitolato “Stereotipi, rinunce e discriminazioni di genere”. I risultati offrono interessanti spunti per riflettere.Le donne sono più discriminate e soggette a pregiudizi rispetto al genere maschile. Nel 43,7% le dirette interessate parlano di vero e proprio sessismo, sebbene nella maggior parte dei casi non si tratti di angherie o chissà quali gravi soprusi ma piuttosto di retaggi del passato e stereotipi duri a morire. La vita delle donne deve far i conti con difficoltà e disuguaglianze sconosciute agli uomini. È quanto afferma il 50,5% del genere maschile e il 64,6% di quello femminile, portando la media nazionale al 57,5%.
Il dato incoraggiante è che un passo in avanti è stato fatto nel superamento dei ruoli cosiddetti “tradizionali”: ben il 77,5% degli intervistati dichiara che non è più l’uomo da solo a prendere le decisioni importanti che riguardano la famiglia. In ambito lavorativo l’atteggiamento è progressista: l’80,3% della popolazione (media tra pareri femminili e maschili) non condivide l’idea che un dirigente uomo sia migliore di uno donna e il 79,9% concorda sul fatto che la stessa affermazione sia da ritenersi valida anche in politica: i leader uomini non sono migliori delle donne in questo campo.
In ambito domestico, la reticenza al cambiamento è più forte. Soprattutto nel Sud d’Italia, tra gli anziani e nei ceti meno istruiti. La famiglia continua a giocare un ruolo determinante nelle scelte personali e professionali di una donna. Fare carriera e crescere dei figli rimane ancora pressoché inconciliabile: più del 44% delle donne dichiara di aver dovuto rinunciare a promozioni e avanzamenti, se non addirittura al posto stesso, pur di potersi prendere cura della famiglia o assecondare il volere del coniuge. Il 60,3% degli uomini sostiene che una madre che lavora non sia in grado di crescere i figli come una che sta a casa e il 50% che sia giusto in tempo di crisi dar lavoro a un uomo prima che a una donna.
Non si fa attendere l’accusa femminile nei confronti di mariti e padri poco presenti: solo il 10,8% delle donne infatti si ritiene soddisfatta della partecipazione dei coniugi alle incombenze familiari e all’educazione dei figli. Più dell’87% di loro afferma che, se entrambi i genitori lavorano a tempo pieno, è imprescindibile che i compiti e le faccende domestiche si dividano in parti uguali (sebbene meno della metà ritenga gli uomini in grado di assolvere in modo soddisfacente a questo tipo di mansioni). E nella quasi metà dei casi (il 44, 7% delle donne) pensano che quindi debba essere l’uomo a provvedere al sostentamento e alle necessità economiche della famiglia.
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