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Inventarsi un lavoro a 40 anni: si può? Certo che sì

E’ possibile inventarsi un lavoro a 40 anni? Certo che sì! ecco come fare

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Sgombriamo subito il campo dai fraintendimenti: questo non è l’ennesimo articolo teso a enfatizzare il malcontento di tutte quelle persone che, a 40 anni già compiuti, si lamentano (a buon diritto, ci mancherebbe!) per aver perso il lavoro. O per non aver ancora trovato la strada giusta da percorrere. Delle storie di licenziati, sottopagati, precari e irregolari non più giovanissimi, le cronache dei media nazionali sono piene e l’orientamento più diffuso sembra essere quello di limitarsi a denunciare uno stato delle cose che, a parole, non piace a nessuno, ma che in pochi si impegnano realmente a modificare. Quello che cercheremo umilmente di fare qui è mettere in fila una serie di consigli ed indicazioni utili a “voltare pagina”. Per scoprire che inventarsi un lavoro a 40 anni non è solo possibile, ma in alcuni casi addirittura “salvifico”.

Inventarsi un lavoro a 40 anni

inventarsi un lavoro a 40 anni
image by Voyagerix

In principio fu la crisi. E’ a lei che viene, infatti, solitamente attribuita la responsabilità di aver creato non pochi problemi a tanti lavoratori. E in molti casi, la questione è inconfutabile. Se, per dire, si è stati per anni alle dipendenze di un imprenditore che si è visto costretto a “gettare la spugna”sopraffatto dal fisco o dalla concorrenza sleale, sostenere che la perdita del proprio lavoro non ha nulla a che fare con la crisi è impossibile. Ma chi ha già spento la quarantesima candelina e si trova in una condizione di “sospensione” potrebbe essere vittima di una crisi di altro tipo, di matrice personale. Perché potrebbe realizzare che sta svolgendo un lavoro che non gli piace affatto e che, giorno dopo giorno, lo sta svuotando di ogni tipo di energia ed entusiasmo.

A quel punto, potrebbe chiedersi: è possibile ricominciare da capo? Ecco: è proprio pensando a queste persone che, oltrepassata la soglia degli “-anta”, per i più diversi motivi, stanno iniziando a porsi il problematico quesito che questo articolo è stato concepito. Per scriverlo, ci siamo collegati alla Rete, scovando un universo dai confini indefiniti. Le storie di persone che, non più giovanissime, hanno trovato il coraggio di rimettersi in gioco e hanno vinto la sfida con successo sono tante e restituiscono un po’ di conforto a ognuno di noi. Ma ovviamente non bastano. Se anche voi vi state chiedendo se valga la pensa ripartire da zero (o quasi), leggere queste semplici considerazioni, scaturite dall’esperienza di chi lo ha fatto senza essersene pentito, potrebbe risultare utile.

Prima regola: non avere paura del cambiamento

Il cambiamento è lo spauracchio più grande dei pigri e degli accomodanti. Chi fa un lavoro che non gli piace ed esce sistematicamente dall’ufficio maledicendo colleghi e superiori, se non ha dentro un “fuoco” che lo scuote dal profondo, difficilmente prenderà in considerazione la possibilità di cambiare. Anche perché sarà probabilmente attorniato da persone che continueranno a ricordargli quanto sia preferibile rimanere ancorati a una certezza piuttosto che saltare nel vuoto. Un “mantra” che potrà risultargli “letale” perché destinato a lasciare le cose come stanno. Mentre chi prende coscienza della propria frustrazione al lavoro (che finisce per inficiare irrimediabilmente anche la sfera personale) dovrebbe dare un calcio alla paura e ai legittimi timori e scommettere sul cambiamento. Mettendo ovviamente in conto che si tratterà di un passaggio complicato, da non prendere sottogamba, e che potrà essere costellato di insuccessi e insoddisfazioni. Soprattutto all’inizio.

Seconda regola: credere in se stessi   

Nessuna avventura potrà contemplare un lieto fine, se ad intraprenderla saranno persone poco convinte. Cosa vuol dire? Che se si sta realmente pensando di “voltare pagina” e di inventarsi un lavoro a 40 anni (o su di lì), non si potrà prescindere dalla fiducia nei propri mezzi. Ciò che occorrerà fare, insomma, sarà sottoporsi a una vera e propria overdose di autostima per convincersi (senza scadere nel più becero dei fanatismi) che ricominciare si può, eccome. E che a crederci dobbiamo essere, per primi, proprio noi.

Terza regola: avere il controllo del tempo e pianificare

Fatto questo irrinunciabile “training autogeno”, ci si potrà lanciare nell’impresa. Ma da dove partire? Il consiglio è prendere le mosse da una passione ovvero da qualcosa che, contrariamente al lavoro che siamo costretti a fare controvoglia ogni giorno, ci piace veramente. Lasciare il certo per l’incerto significa votarsi a un periodo di grandi sacrifici. Ecco perché partire da quello che ci appassiona davvero ci farà “soffrire” di meno quando, per esempio, dovremo dire no a un amico che ci chiede di raggiungerlo al pub per prendere una birra. O quando dovremo spegnere la tv che trasmette il nostro programma preferito. Se si vuole centrare l’obiettivo, occorre infatti lavorare sodo. E pianificare per bene ogni cosa analizzando il metodo e i risultati che si vogliono conseguire (almeno nel breve e medio periodo), investendo su quello che sappiamo fare meglio e per il quale saremo disposti a sacrificare il nostro tempo libero. Da qui deriva la necessità di “fare pulizia” nella nostra quotidianità, riducendo al minimo (ma sarebbe meglio eliminarli del tutto) le distrazioni sterili e gli sprechi di tempo. State tranquilli: non vi stiamo suggerendo di “smettere di vivere”, ma semplicemente di individuare le “scorie” che rischiano di fare da intralcio alla riuscita della vostra impresa.

Quarta regola: è il tempo di sognare (anche in piccolo) e di farsi pagare 

Adesso che siamo focalizzati su quello che vogliamo fare, è tempo di passare all’azione. Senza rinunciare a quel pizzico di “visionarietà” che ci renderà incoscienti agli occhi dei più prudenti. Inventarsi un lavoro a 40 anni significa, infatti, anche sognare un po’, ma senza esagerare perché il risveglio potrebbe essere traumatico. Fuori dalla metafora: una volta individuata l’idea da sviluppare, dovremo muovere un passo dopo l’altro. Il rischio, in questa fase di start-up, è infatti quello di cedere all’entusiasmo della (ri)partenza e di farsi vincere da un eccesso (magari passeggero) di autostima. Sognare va bene, anzi per certi versi è consigliato, ma facciamolo con lucidità. Solo in questo modo, la nostra idea potrà trasformarsi da utopia a realtà tangibile. Ovvero tradursi nell’offerta di un prodotto o di un servizio tutto nostro per il quale potremo farci pagare, senza svendere talento e intraprendenza.

Ci si potrà, a questo punto, obiettare che nessun consiglio pratico è stato fin qui fornito. E’ vero, ma non poteva essere altrimenti. Nessun manuale del successo facile è ancora stato stampato (e se lo trovate ben disposto sugli scaffali di una libreria, vi consigliamo sentitamente di non acquistarlo) e la cosa vale ancora di più quando parliamo di uomini e donne che scelgono di lasciare la strada battuta per percorrere sentieri nuovi. Per quanto vada fatta un’indispensabile osservazione: inventarsi un lavoro a 40 anni può avere degli innegabili vantaggi. Quali? La consapevolezza e l’esperienza che possono mettere al riparo da inutili perdite di tempo. Chi ha conservato, già da qualche tempo, la laurea (o il diploma) in un cassetto e ha sperimentato sulla propria pelle le avversità del mondo del lavoro ha solitamente piena consapevolezza dei propri limiti (da superare) così come delle potenzialità da valorizzare. Non solo: l’esperienza lo aiuterà a non replicare gli errori del passato e a circondarsi delle persone migliori. O per lo meno giuste: quelle capaci di rendere il suo sogno di cambiamento sempre più lucido e tangibile.

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