Il potere d’acquisto in tempi di crisi si contrare per la maggior parte dei consumatori ma, stando agli ultimi dati Istat, a sentire in modo più grave gli effetti dell’inflazione sono le famiglie con i redditi più bassi, che “s’impoveriscono” maggiormente rispetto alle altre. In 7 anni, tra il 2005 e il 2012 l’inflazione …
Il potere d’acquisto in tempi di crisi si contrare per la maggior parte dei consumatori ma, stando agli ultimi dati Istat, a sentire in modo più grave gli effetti dell’inflazione sono le famiglie con i redditi più bassi, che “s’impoveriscono” maggiormente rispetto alle altre. In 7 anni, tra il 2005 e il 2012 l’inflazione è aumentata in modo differente per le famiglie più povere, rispetto a quelle con redditi più alti. Per le prime si è attestata al +20,2%, per le seconde al +16%. L’indice dei prezzi al consumo armonizzato per l’Unione Europea (Ipca) è stato invece calcolato al 17,5%. Quindi, per le famiglie con redditi più bassi, l’inflazione ha superato di quasi 3 punti la media europea.
<span style="font-family:verdana,geneva,sans-serif;"><span style="font-size: 14px;"><span style="color: rgb(0, 0, 0);">Le motivazioni sono da ricercarsi principalmente nei continui aumenti, o comunque nelle fortissime oscillazioni dei prezzi dei beni di prima necessità o quelli cosiddetti ad “alta frequenza”. E’ chiaro che per chi è costretto a dedicare la quasi totalità delle sue entrate a beni come quelli alimentari o, ad esempio, al carburante (per andare al lavoro), se queste merci aumentano, il peso dei prezzi delle stesse sullo “stipendio” aumenta di conseguenza, generando, una volta raggiunto il budget disponibile, un inevitabile taglio dei consumi. E quindi fioriscono i discount e si rinuncia alle gite fuori porta o anche semplicemente ad andare a trovare un parente, ma sempre più spesso neanche questo basta ad arrivare a fine mese con una certa tranquillità.</span></span></span>
Dati recenti poi, dimostrano come, anche per chi gode di un’entrata mensile stabile, sia difficile stare al passo con l’aumento dei prezzi, in quanto gli stipendi aumentano generalmente in maniera minore rispetto all’inflazione. Tutto ciò determina una sorta di impercettibile impoverimento quotidiano, che colpisce una porzione sempre maggiore di popolazione. E poi, c’è chi un’entrata stabile non ce l’ha, e chi, rimanendo senza lavoro, non ha alcun introito.
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<span style="font-family:verdana,geneva,sans-serif;"><span style="font-size: 14px;"><span style="color: rgb(0, 0, 0);">Per effettuare la sua analisi l’Istat ha diviso le famiglie italiane in cinque fasce di spesa, dalla più bassa alla più alta. Per i nuclei familiari con spesa più bassa l’inflazione calcolata sui primi tre mesi del 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012, ha fatto registrare un +2,5%, contro il +1,8% rilevato sulle famiglie con spesa più alta. Secondo l’Istituto nazionale di statistica i "danni" maggiori si sarebbero verificati in periodi ben precisi: nel 2008, e tra ottobre 2011 e 2012, quando la variazione dell’indice Ipca sopracitato ha superato (o comunque raggiunto) la soglia del 3%.</span></span></span>