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Jobs Act: Cgil, Governo e Confindustria. Un weekend bollente

Jobs Act, le posizioni di Cgil, Governo e Confindustria. I temi caldi degli ultimi mesi concentrati in un weekend.

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jobs-actIl weekend di fuoco del Jobs Act. A Firenze, durante l’edizione “governativa” della Leopolda Matteo Renzi non si è scomposto, nemmeno di fronte al “milione di persone” portate in piazza dalla Cgil, stando alle cifre diffuse dal sindacato stesso per voce del leader Susanna Camusso. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, al convegno dei giovani industriali ha detto di non credere che “in questo momento di grave crisi manifestazioni o scioperi siano la migliore delle soluzioni”. Gli scioperi, sono quelli annunciati durante la manifestazione di ieri proprio dalla Cgil. E’ la battaglia, di posizione ma non solo, sul Jobs Act a tenere banco nell’ultimo weekend di ottobre, che ha visto contrapporsi da una parte Renzi ed il suo governo (“La piazza non può fermare il Paese”), dall’altra lo storico sindacato dalle bandierine rosse. E da una terza parte Confindustria, la quale pur restando prudente ha plaudito alla scelta del Governo di “eliminare dall’Irap il costo del lavoro”.

Jobs Act, ma anche Legge di stabilità: i temi caldi

Articolo 18, l’ipotesi pensioni il 10 del mese, questione fiscale. Sono diversi i temi che da sempre caratterizzano l’acceso dibattito sul Jobs Act e sulla Legge di Stabilità. Tutti o quasi sono stati richiamati ieri, in un sabato infuocato, dalle diverse parti interessate. La tutela determinata dall’Art. 18 e l’ipotesi di una sua modifica (o soppressione) è ciò che più tocca le corde del sindacato (Art. 18 che, va ricordato, era già stato “rivisto” dalla Riforma Fornero durante il Governo Monti), pronto anche allo sciopero generale.

E’ però anche una questione di comprendere a fondo i tempi. Non più di un mese fa Camusso aveva spiegato di essere disponibile al dialogo per quanto riguarda la “durata del periodo di prova” ovvero il numero di anni senza la protezione dell’Art. 18 dopo l’assunzione. Appunto un “numero di anni” e non “per sempre”. La lunghezza del periodo insomma, per Camusso si può discutere, il fatto invece che rimanga solo un periodo no. Tale provvedimento verrebbe controbilanciato stando alle parole del premier da“incentivi per non far pagare contributi a chi fa assunzioni a tempo indeterminato per tre anni”.

Diverso, rispetto a quello della Cgil, il parere di Squinzi, che ha definito “coraggiosa” la scelta di Renzi di intervenire sul perennemente nominato Art. 18, criticando però, l’ipotesi Tfr in busta paga (altra modifica possibile nelle future modifiche del Jobs Act), che invece sarebbe solo “un regalo al Fisco”. A margine, ma neanche tanto, c’è la questione dello spostamento del pagamento delle pensioni al 10 del mese, contenuta nella più generale Legge di Stabilità. Ipotesi questa, ultra-criticata da sindacati e associazioni di consumatori.

Ciò che invece sta maggiormente a cuore a Confindustria, come facilmente intuibile, è la questione fiscale. Sebbene l’eliminazione dall’Irap del costo del lavoro annunciata da Renzi sia stata accolta come una sorta di manna dal cielo (“si realizza il nostro sogno”), resta il fatto che da sempre la rappresentanza degli industriali sottolinea, dati alla mano, quanto le imprese italiane siano vessate dalle tasse, ma anche dalle mere scadenze, ovvero i cosiddetti adempimenti fiscali. In tutto questo Renzi, a cui torto o ragione che abbia, va dato atto di saper dimostrare una decisione non comune, ha continuato e continua ad andare dritto per la sua strada, convinto com’è di riuscire a realizzare tutti i provvedimenti annunciati e che i suddetti provvedimenti siano i migliori possibili. Sulla questione tasse, il taglio ventilato sarebbe addirittura di 18 miliardi di euro. Insomma ieri in piazza, non solamente quella romana occupata dai manifestanti della Cgil, non c’era solo la questione Jobs Act in senso stretto, ma una serie di argomenti centrali per il futuro del Paese. Tutti riguardanti i lavoratori, direttamente o meno dipendenti e non.

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