La green economy è indubbiamente una buona arma contro la disoccupazione, quella giovanile compresa. Il 38% delle assunzioni viene infatti dai cosiddetti green jobs. Inoltre, l’impresa verde spinge verso l’internazionalizzazione, esportando il brand aziendale e dando modo a quest’ultima di aprirsi a nuovi mercati. Stando al rapporto Greenitaly 2013, stilato da Unioncamere e Fondazione Symbola e presentato a più riprese in varie sedi istituzionali, l’anno scorso la green economy italiana avrebbe prodotto ben 100,8 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 10,6% del totale dell’economia nazionale e come, permettendo la nascita di ben 3 milioni di green jobs, insomma un mezzo esercito di posti di lavoro. Una tendenza positivo, ma quel che più conta decisamente controcorrente rispetto ai numerosi dati negativi dovuti all’interminabile crisi
Delle trecentoventottomila aziende italiane che dal 2008 hanno investito e continuano ad investire in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e risparmiare energia, giunge il 38% di tutte le assunzioni programmate nell’industria e nei servizi, giungono cioè ben 216.500 preziosissimi posti di lavoro. Delle nuove assunzioni programmate, il 42% riguarderà i giovani under 30 ed il 52% di esse dovrebbero configurarsi come contratti a tempo indeterminato.
Le imprese che si sono tinte di verde non risultano virtuose sono nel campo delle assunzioni, ma anche in quello che riguarda le esportazioni. Secondo il rapporto infatti, il 42% delle imprese manifatturiere “green”, che corrisponde a ben trentaquattromila aziende, esporta i propri prodotti. La possibilità di avere maggiori entrate, di aprirsi a più mercati e di competere con realtà di altri paesi, porta le green company a cercare personale più qualificato ed assumerne di continuo, re-investendo i profitti in nuova forza lavoro in grado di portare l’impresa ad un livello successivo, ma anche ad investire sulle proprie tecnologie per stare al passo con i tempi e per non lasciare troppo vantaggio alla concorrenza. Il 30,4% delle imprese eco-efficienti infatti, ha potuto concentrare la propria attenzione sull’innovazioni di prodotto o di servizi.
Tale occhio di riguardo per l’innovazione va a contrastare, almeno in parte, la fuga di cervelli dal nostro Paese, richiamando giovani ricercatori all’origine grazie all’assunzione del 61,2% nel campo della ricerca e sviluppo, dal quale deriva a tutti gli effetti l’innovazione. A corollario, va aggiunto il fatto che sulle aziende green “pesa” un dato positivo straordinariamente importantie; Il 21,1% delle imprese manifatturiere che possono definirsi green ha potuto registrare un aumento di fatturato, cosa che in un periodo storico come quello attuale non è certo alla portata di tutti.
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