L’Italia deve risolvere un problema difficile e che la riguarda molto da vicino, quello delle concessioni balneari. L’Ue è andata in pressing sul Belpaese imponendo di mettere a gara le concessioni, a condizioni differenti da quelle attuali e ciò ha creato un inghippo enorme visto che qui la cosa è sempre stata gestita in modo un po’ particolare. Anni di indolenza e anche di disinteresse verso la questione hanno ora creato un’emergenza che siamo costretti ad affrontare in poco tempo, per non cadere in una procedura d’infrazione, anche se all’interno della stessa Ue ci sono pronunciamenti che potrebbero semplificare di molto la situazione.
Indice
Cos’è la Direttiva Bolkenstein
Tutto nasce dalla cosiddetta Direttiva Bolkenstein, presentata nel 2004 ed approvata nel 2006, ma effettiva solo dal 2018. Tale Direttiva prevede che ogni cittadino europeo, all’interno dell’Ue possa avviare una propria attività, a prescindere dalla sua nazionalità, senza alcuna discriminazione. Tecnicamente si tratta di una mera semplificazione delle procedure, ma avendo noi una nazione piena di bellissime spiagge e altrettanto meravigliose coste, anche gli stranieri hanno messo gli occhi sulle attività balneari, gestite spesso in modo piuttosto familiare da piccoli imprenditori. Ciò ha imposto una gara che potrebbe portare anche all’arrivo di grosse multinazionali, a scapito proprio dei piccoli imprenditori. Il Governo, nelle sue intenzioni dichiarate, sta cercando di scongiurare il pericolo, ma la Direttiva va comunque rispettata. Come fare quindi?
Cosa sta facendo il Governo
Una delle soluzioni per prendere tempo è stata quella di rimandare tutto a fine 2024, ma una sentenza del Consiglio di Stato ha bocciato l’idea, imponendo che le cose vengano risolte entro la fine del 2023, cosa questa voluta anche dall’Ue. Il Governo sta quindi impegnandosi nel mappare le coste, per poi infilarsi nei passi successivi, uno dei quali sarà proprio la trattativa con l’Ue. Un’altra soluzione ipotizzata è quella che prevede la messa a gara delle sole spiagge gestite da imprese balneari nate dopo il 2010, anno in cui un Decreto legislativo ha dato attuazione in Italia alla Direttiva Bolkenstein del 2006. Questo a causa della non retroattività della legge. Ma ciò non risolverebbe il problema, se non in piccola parte, anzi. Si tratta infatti, secondo le associazioni di categoria, di solo un terzo delle imprese (gli altri due terzi quindi sono aziende più vecchie). Tali associazioni vogliono invece che le imprese vengano tutelate tutte, ma è chiaro che il Governo si trova così tra due fuochi, quello delle pressioni fatte dai balneari, che ovviamente vogliono tutelare il loro lavoro e quello delle istituzioni europee che vogliono dare attuazione pratica ad una loro Direttiva, pena una procedura d’infrazione.
C’è un altro problema: da più parti ed in tempi diversi, i balneari italiani sono stati accusati di aver goduto da sempre di condizioni troppo favorevoli, ovvero avrebbero sempre pagato troppo poco le concessioni, che se invece fossero messe a gara a livello internazionale avrebbero un costo molto più elevato, non sostenibile soprattutto dai più piccoli, almeno stando a quanto lamentato da questi ultimi. Insomma, sostanzialmente la messa a gara standardizzerebbe verso l’alto il costo delle concessioni e quindi come è ovvio che sia, i più grandi, multinazionali comprese, avrebbero molta più possibilità di accaparrarsi quell’agognato pezzo di costa rispetto ad un’impresa familiare che gode attualmente della concessione, impresa che sarebbe però tutta italiana. Un bel dilemma insomma.
I giudici che escludono la Bolkenstein
Il 20 aprile prossimo la Corte di Giustizia Ue dovrà esprimersi sulle concessioni balneari, ma nel frattempo alcuni giudici hanno riacceso la speranza degli imprenditori italiani, ipotizzando che la Direttiva Bolkenstein possa non c’entrare nulla con la loro attività. Scrivono infatti i giudici che: “Gli accordi aventi ad oggetto il diritto di un operatore economico di gestire beni o risorse pubbliche non dovrebbero essere qualificati come concessione di servizi ai sensi della Direttiva Bolkestein”. Precisando meglio, secondo l’art 5 della stessa Direttiva, “costituisce concessione di servizi un contratto a titolo oneroso in virtù del quale l’Amministrazione affida la fornitura e la gestione di servizi ad operatori economici, ove il corrispettivo consiste unicamente nel diritto, accompagnato da un prezzo, di gestire il contratto”. Ovvero, se lo Stato si limita a concedere la gestione del bene pubblico ad un operatore economico privato, la Bolkenstein non sarebbe applicabile. Per esserlo devono esserci invece dei lavori da svolgere e/o delle concessioni di servizi. Questi servizi non è che non ci siano, ma il fatto è che non sono regolati dallo Stato. Ovvero quest’ultimo non dice, per essere chiari, come devono essere forniti lettini ed ombrelloni. In questo senso, l’operatore economico, avendo piena facoltà di gestire il servizio in modo privato e non dovendo sostenere lavori imposti dallo Stato, eviterebbe che la sua attività rientri in quelle disciplinate dalla Direttiva Bolkenstein. Fosse così, il problema della messa a gara obbligatoria non si porrebbe nemmeno ed il Governo italiano avrebbe quindi piena facoltà decisionale, cosa che comprende anche il fatto di poter semplicemente non decidere nulla.
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