La domanda, ai tempi di uno smart working sempre più diffuso se la saranno fatta in molti: lavorare da casa aiuta la carriera o può danneggiarla? La risposta sembrerebbe facile vista la tendenza di molte aziende a spingere sul cosiddetto “lavoro agile”, ma a ben vedere non lo è poi così tanto. Ci sono infatti almeno due problemi da considerare: il primo riguarda proprio la cultura aziendale. Per quante realtà oggi spingano l’acceleratore sul lavorare da casa, ma maggior parte del tessuto produttivo italiano non funziona ancora così, tante volte per scelta aziendale, tante altre per la materiale impossibilità di organizzare il lavoro in modo che un certo numero di dipendenti abbiano la possibilità di operare tra le mura domestiche. Il secondo problema riguarda un altro tipo di organizzazione, vale a dire quella individuale.
Lavorare da casa? C’è chi dice no (o non può dire sì)
Uno delle questioni che maggiormente ruotano attorno allo smart working, (ovvero, semplificando, il lavorare da casa), è quella del controllo. In un ufficio c’è un capo che, bene o male, guarda quello che fanno i suoi sottoposti ed in ogni caso vi è spesso un controllo reciproco tra dipendenti con mansioni analoghe o simili. Ciò può avvenire per motivi che possono essere positivi (l’efficienza, il voler crescere insieme lavorativamente) o negativi (l’invidia, il far carriera ai danni di qualcun altro), ma la cosa importante per il nostro discorso è che comunque un controllo esiste quasi sempre. Chi lavora da casa invece ha un’autonomia, un’indipendenza e una libertà, che sono imparagonabili a quelle di chi si reca sul posto di lavoro ogni mattina. Di conseguenza deve necessariamente possedere un forte senso di responsabilità se vuole rendere come o di più di quando occupa la sua postazione in ufficio. Ma le aziende non sempre sono disposte a verificare se un dipendente abbia o meno senso di responsabilità. Preferiscono controllarlo direttamente, risolvendo il problema alla radice, accantonando così, nella maggior parte dei casi, la diffusione interna dello smart working.
Ma se in alcune aziende, soprattutto se medio-grandi, è in gran parte una questione di scelta e quindi di politica aziendale, in altre, per la natura stessa del lavoro e per l’impossibilità di dotarsi delle giuste tecnologie, il non perseguire la pratica del far lavorare da casa i propri dipendenti diventa pressoché un obbligo. Infatti, i sistemi informatici che gestiscono la sicurezza interna dei dati aziendali sono già di loro piuttosto complessi, il dover, per così dire, estenderne la portata a pc fisicamente esterni all’azienda è sicuramente fattibile, ma richiede alcuni investimenti che non tutte le imprese, in special modo quelle di dimensioni medio-piccole, possono permettersi, o se anche possono farlo preferiscono spendere quei soldi investendoli diversamente, risolvendo così a priori anche un eventuale problema di controllo.
Il discorso non è “assoluto”, ovvero non sempre è così: ci sono aziende grandi che snobbano il lavorare da casa e altre più piccole che lo incentivano. In questo senso chiedere la possibilità di svolgere la propria attività lavorativa comodamente seduti sul divano di casa propria può rivelarsi un boomerang. La politica aziendale alla quale prima abbiamo accennato è una variabile fondamentale. Fare richiesta in una realtà che persegue lo smart working, significa capire le esigenze aziendali e quindi essere ben visti, farlo in una nella quale sussistono ancora dubbi sull’efficacia della pratica o problemi nella sua attuazione può invece essere controproducente. E’ quindi meglio valutare sempre molto bene i pro e i contro.
Lavorare da casa? Sì, ma solo se si è davvero capaci
Abbiamo parlato del controllo aziendale verso i lavoratori e del fatto che proprio a causa di questo controllo, che vuole essere il più diretto possibile, viene spesso negata la possibilità di lavorare da casa. Tutto vero, ma detta così suona un po’ male, facendo sembrare l’azienda una sorta di grande fratello che vuole controllare tutto e tutti in ogni momento. Potrebbe anche essere che realtà del genere esistano veramente, ma nella stragrande maggioranza dei casi non è assolutamente così. Il problema del controllo aziendale è strettamente correlato a quello della produttività. E, per essere produttivi, bisogna essere organizzati. Sul posto di lavoro, volenti o nolenti esistono molte meno distrazioni e interferenze che in casa e se queste ultime non si sanno gestire il rischio è quello di non combinare niente o quasi in 8 ore e più di giornata lavorativa. La produttività, non è certo un particolare trascurabile per un’azienda ed anzi è il nodo centrale della esistenza stessa di quest’ultima.
Ma visto che stiamo parlando di carriera è bene ribaltare la prospettiva del discorso. Una giornata poco produttiva a casa conta poco e nulla, ma avere un rendimento inferiore ai colleghi perché si lavora da casa e si è poco organizzati o ci si distrae un po’ troppo anche proprio malgrado, certamente può minare le fondamenta di una brillante crescita lavorativa. Bisogna quindi essere certi di saper gestire le faccende al meglio possibile e riuscire a far coincidere i tempi aziendali con quelli domestici e familiari. Ad esempio, se c’è una riunione alle 20, perché “il capo oggi vuole così”, non possono esistere cene di sorta o imprevisti vari. In ufficio non ci sarebbero stati. Magari la riunione sarebbe stata in altro orario, ma magari,potendo stare a casa ci si è presi la mattina libera. Un privilegio questo, certamente ancora per pochi, ma che, appunto, va anche saputo gestire nel migliore dei modi. Altrimenti la carriera nel medio periodo subirà, con tutta probabilità, un’importante battuta d’arresto.
Cerchi un nuovo lavoro?
Per avere sempre offerte di lavoro reali e verificate nella tua casella email in linea con le tue esigenze: Registrati su Euspert Bianco Lavoro