La gamma delle destinazioni potenziali per i giovani che decidono di emigrare in cerca di maggiore fortuna occupazionale continua ad ampliarsi. Dopo l'Est (estremo o meno) e il Sud America, anche l'Australia sembra essere finita tra i luoghi di nuovo appeal per le professionali tecniche e specializzate.
A ben vedere, ricorda giustamente un recente approfondimento compiuto da Adnkronos, le migrazioni verso l'Australia non sono una novità di questi giorni: già cento anni fa le precedenti generazioni erano partite, in discreta massa, alla ricerca di una miglior sorte professionale in Australia. All'epoca i lavori desiderati erano certamente meno tecnici e specializzati di quelli di oggi, ma la strada verso il nuovissimo Continente è rimasta la stessa.
“Certo, negli ultimi tempi” – segnala l'agenzia di stampa Adnkronos riportando uno stralcio dell'unversita rilasciata da Vincenzo Romiti, “storico” presidente dell'associazione Italia – Australia, a Labitalia – “c'è stato un forte incremento delle persone che cercano informazioni e dati, rivolgendosi anche a noi, su come trasferirsi in Australia per lavoro. Anche se poi alla fine il numero di chi decide davvero di emigrare e ci riesce non supera, da quanto ne sappiano, le 300 – 400 unità l'anno”.
La motivazione di questa relativamente povertà di dati quantitativi è riconducibile agli stretti requisiti che le autorità australiane hanno imposto per regolare i flussi di immigrazione professionale. È infatti possibile emigrare verso l'Australia solamente se si è in possesso di una serie di determinanti che sono calibrate sulla base dell'età (la quale, in ogni caso, non può essere superiore ai 45 anni), sull'esperienza professionale, sulla carriera accademica e sulla conoscenza della lingua (è fondamentale l'ottima conoscenza dell'inglese).
“Si deve capire” – prosegue Romiti – “che andare in Australia non vuol dire trasferirsi in un'altra provincia italiana, ma recarsi in un Paese anglo-sassone e anche un po' asiatico. Se non conosci bene l'inglese non puoi fare l'impiegato in Australia. E titoli di studio conseguiti in Italia devono essere prima riconosciuti in Australia, altrimenti non hanno alcun valore. Non vi è alcun riconoscimento automatico”. In altri termini, attenzione a pensare che andare alla ricerca di fortuna occupazionale dall'altro capo della (nostra) Terra sia facile e privo di ostacoli. Chi riesce a svoltare verso l'Australia, però, non avrà difficoltà a cogliere le innumerevoli opportunità che questa area geografica è in grado di offrire.
“Chi ha idee e tecnologie, e un po' di capitale da poter investire” – prosegue ancora Romiti – “ha in quel Paese la possibilità di poter crescere, a differenza che in Italia dove invece non praticamente è possibile. Prendiamo tecnici e operai specializzati restati in questi mesi senza lavoro per via della crisi in Italia. Sono loro a possedere delle competenze fondamentali, che, unite con un piccolo capitale iniziale, potrebbero utilizzare per lanciare qualche nuova attività produttiva in Australia”.
Altro aspetto fondamentale di cui tenere debita considerazione è rappresentato dal costo della vita, che in Australia è più alto di quello italiano. Pertanto, attenzione a calibrare lo stipendio (fondamentalmente, più elevato di quello nostrano) con il caro-vita australiano. Per quanto infine concerne le possibilità di trasferirsi temporaneamente in Australia, le occasioni sono diverse: la più agevole prevede l'ottenimento di un visto vacanza – lavoro valido per un anno, e rinnovabile per una seconda volta se nel primo anno si svolgono attività nelle zone rurali per almeno tre mesi.
“Nel settore agricolo” – conclude in proposito Romiti – “c'è molta possibilità per il lavoro stagionale. Ci sono 1.400 – 1.500 fattorie australiane, che in collaborazione con la nostra associazione, offrono vitto e alloggio in cambio di collaborazione nel lavoro in fattoria”.