Per ora non accadrà proprio nulla – ha assicurato il presidente dei Fontalieri Ticino – ma oltreconfine c’è molto malessere e il clima rischia di esplodere.
I cittadini svizzeri, invitati ad esprimersi attraverso un referendum, hanno dato ieri un segnale chiaro. Che ha confermato la crescente insofferenza nei confronti dei tanti lavoratori frontalieri che raggiungono quotidianamente il loro Paese. Con il 58% dei sì, gli elvetici hanno infatti premiato l’iniziativa – promossa dal partito nazionalista di destra, Udc, e sostenuta dalla Lega dei Ticinesi – che, senza troppi giri di parole, invitava a riflettere sull’opportunità di dare la precedenza, in ambito lavorativo, a chi è nato o risiede in Svizzera. Precisando che, a parità di qualifiche professionali, i datori di lavoro dovrebbero scegliere proprio loro. Ma che conseguenze avrà il voto referendario espresso ieri dagli svizzeri? Gli oltre 60 mila italiani che oltrepassano ogni giorno la frontiera per andare a lavorare rischiano concretamente qualcosa?
Cosa succederà ai frontalieri italiani?
Facciamo subito chiarezza: il quesito referendario votato ieri dai cittadini del Canton Ticino implica una modifica della Costituzione. Che per avere effetto (e diventare legge), dovrebbe essere avvallata dal Consiglio Federale e approvata dal Parlamento svizzero. Un iter impegnativo che, almeno per il momento, mette i lavoratori frontalieri a riparo da qualsiasi traumatico cambiamento. Nessun rischio concreto, dunque, per gli oltre 60 mila italiani
che lavorano regolarmente in Svizzera (la maggior parte di loro proviene dalle province di Como e Varese, ma molti si spostano anche dalla provincia di Lecco, dalla Valtellina e dal Piemonte) che non dovrebbero, però, sottovalutare il segnale. Come ha osservato il presidente dei Frontalieri Ticino, Eros Sebastiani: “Ce l’aspettavamo – ha dichiarato ieri a caldo – c’è malessere oltreconfine. Ho già ricevuto molte telefonate preoccupate di lavoratori che chiedono ‘ma che succederà domani? Non ci faranno passare?’. Precisiamo che non accadrà proprio nulla – ha messo in chiaro Sebastiani – la consultazione sollecita Berna a fare qualcosa, ma dubito che si arriverà mai a una legge vera e propria come richiesto dal testo della consultazione”. “Quello che non è da sottovalutare però – ha subito aggiunto il presidente dei Frontalieri italiani – è che questi risultati sono il sintomo di un clima che potrebbe diventare esplosivo. Purtroppo ci sono davvero delle situazioni che esasperano gli animi, come i casi di tanti lavoratori stranieri, non dico italiani, che accettano di lavorare per paghe bassissime”.
Perché gli svizzeri hanno votato sì
Alla base dell’insofferenza manifestata ieri dagli elvetici, attraverso il voto referendario, c’è infatti il cosiddetto “dumping salariale”. La massiccia presenza di lavoratori frontalieri in Svizzera avrebbe “dopato” il mercato del lavoro provocando un verticale abbassamento delle paghe. In pratica, molti lavoratori non residenti accetterebbero salari da fame, costringendo gli svizzeri a “soccombere” al cospetto di una concorrenza al ribasso così marcata. Una situazione simile a quella riscontrata in Italia (e in molti altri Paesi dell’Ue) dove la presenza dei migranti, che svendono la loro manodopera a basso costo, genera lo stesso malessere sociale tradito ieri dai residenti del Canton Ticino. Le reazioni politiche non sono tardate ad arrivare. Tra i primi a commentare l’esito del voto referendario, il governatore della Lombardia, Roberto Maroni: “Da domani (oggi per chi legge, ndr), la Regione Lombardia predisporrà le adeguate contromisure per difendere i diritti dei nostri concittadini lavoratori – ha annunciato – In Svizzera stiamo assistendo ad un capolavoro di irresponsabilità. Le forze politiche locali che hanno promosso e portato alla vittoria il referendum che declasserà i 65 mila frontalieri italiani non sono consapevoli delle conseguenze che ora ci saranno proprio per i cittadini svizzeri – ha aggiunto il leghista – Accettiamo l’esito del referendum, naturalmente, ma vigileremo perché ciò non si traduca in una lesione dei diritti dei nostri concittadini lombardi o (peggio) nell’introduzione di discriminazioni o violazioni delle norme che tutelano i nostri lavoratori”.
Sul piede di guerra anche l’europarlamentare di Forza Italia, Laura Comi, intenzionata a interpellare sull’argomento il commissario europeo all’Occupazione, Marianne Thyssen: “Le chiederò – ha annunciato ieri la forzista – di avviare urgentemente la sospensione di tutti gli accordi in essere tra Svizzera ed Europa”. Un intendimento che anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, non sembra scartare del tutto: “Il referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici – ha commentato ieri su Twitter – Ma senza la libera circolazione delle persone, i rapporti Svizzera-Ue sono a rischio“.
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