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Lavoro irregolare: ispezioni, nel 59% dei casi, aziende fuori norma

Quasi 40.450 casi di irregolarità, oltre 3.870 aziende sospese e infrazioni in costante crescita: il “bollettino” degli ispettori del ministero del Lavoro non lascia presagire nulla di buono.

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Sono cifre che fanno riflettere quelle che la Direzione generale per l’attività ispettiva del ministero del Lavoro ha recentemente diffuso. Il controllo che gli ispettori del lavoro hanno operato, tra gennaio e giugno del 2015, su tutto il territorio nazionale ha infatti certificato un tasso di irregolarità (in ambito lavorativo) in costante crescita, con un’incidenza stimata al 59%.

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image by schatzy’s

Il lavoro dei “controllori” ha prodotto oltre 75.890 ispezioni a cui devono aggiungersi i 3.882 accertamenti effettuati su lavoratori in cassa integrazione straordinaria, cassa integrazione in deroga e con contratti di solidarietà. L’attività ha certificato illeciti in quasi 40.500 aziende monitorate, con un tasso di irregolarità che – come già accennato – ha raggiunto il 59%. Si tratta di un trend in continua salita, che non corrisponde necessariamente a un aumento delle aziende che “lavorano male” (ovvero fuori dai confini della legalità), ma che testimonia, in molti casi, l’intensificarsi dell’azione ispettiva.

Ma quali sono le “trasgressioni” riscontrate dagli ispettori del lavoro? A primeggiare, nella classifica delle irregolarità, sono i lavoratori in nero che, nel primo semestre dell’anno, hanno raggiunto le 18.215 unità. Un numero importante che, secondo lo screening del ministero del Lavoro, ha portato alla sospensione di più di 3.870 aziende. Al secondo posto della classifica di irregolarità in ambito lavorativo, troviamo invece i rapporti di lavoro fittizi – gli ispettori ne hanno contati 3.834 – seguiti dagli appalti illeciti, con 3.416 casi illeciti riscontrati.

Ancora: quasi 4.500 infrazioni hanno riguardato l’orario di lavoro, mentre 13.330 violazioni sono da riferire alle norme prevenzionistiche, quelle che dovrebbero garantire la salute e la sicurezza nel posto di lavoro. E, come spesso accade, a subire i “soprusi” maggiori sono le categorie più deboli, come le madri lavoratrici, la cui tutela in azienda è sempre meno garantita, e i lavoratori stranieri sprovvisti di regolare permesso di soggiorno (i cosiddetti “clandestini”) il cui impiego sfugge sempre più alle maglie della legalità.

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