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Lavoro nero: cresce al Sud, cala al Nord

Al boom negativo della Sardegna, che in 5 anni ha visto incrementare del 22,5% la quota di lavoro irregolare, fa da contraltare la stima della Valle d’Aosta, che ha segnato una flessione del 14,2%.

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La distanza tra il Nord e il Sud del Paese può essere misurata anche sulla scorta dei dati che certificano il diverso peso che ha il lavoro irregolare. Che – ca va sans dire – risulta in costante crescita nel Mezzogiorno e in calo nel Settentrione. Ad approfondire l’argomento è stato il professor Paolo Di Caro che, partendo dai dati forniti dall’Istat, ha condotto una scrupolosa ricognizione rilevando, regione per regione, i diversi andamenti.

lavoro nero
image by PhuShutter

Ecco cosa ne è venuto fuori: nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012, l’occupazione irregolare in Italia è cresciuta del 3,9%, per effetto del +13% fatto registrare dal Sud. Le stime in calo rilevate nel resto dello Stivale (-3% nel Nord-Ovest, -2% nel Nord-Est e -1% al Centro) hanno confermato l’immagine di un Paese diviso in due, con un Centro-Nord caratterizzato da una graduale flessione della quota di lavoro nero e un Sud che, al contrario, sembra destinato a testimoniarne la costante ascesa. Le percentuali più allarmanti sono quelle che riguardano la Sardegna dove, nel periodo preso in considerazione, il lavoro irregolare è aumentato del 22,5; la Calabria (+16,3%), il Molise (+13,8%) e la Sicilia (+13,4%). Di contro, il lavoro nero è risultato in forte calo in Valle d’Aosta (-14,2%), in Lombardia (-14,1%) e, in maniera più contenuta, anche nel Lazio (-6,2%) e nel Veneto (-4,8%).

“Nel caso delle regioni meridionali, dove la disoccupazione è maggiore e la quota del settore manifatturiero (escluse le costruzioni) è meno rilevante – ha fatto notare il ricercatore – l’occupazione irregolare in tempo di crisi può essere considerata come una strategia di sopravvivenza e una via per rimanere ai margini del mercato del lavoro”. Un “rimedio” estremo che, come è facile comprendere, può risultare però doppiamente insidioso. “Nel Mezzogiorno, il lavoro irregolare ha forse contribuito ad attutire, almeno parzialmente, gli effetti della crisi economica e della perdita di occupazione dovuti alla grande recessione – ha rimarcato Di Caro – Tuttavia, in questa macro-area donne e giovani, categorie tipicamente al margine del mercato del lavoro, rischiano di entrarci solamente dalla porta secondaria dell’irregolarità, con effetti negativi in termini di protezione sociale e assicurativa e di sottoutilizzazione del capitale umano“.

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