Nel 1995, in coda allo sportello dell’Asl, si ritrovavamo mediamente 33 persone; nel 2015, se ne contano 52. Ma la colpa non è degli impiegati perdigiorno, a complicare il tutto sono (quasi sempre) le leggi, i decreti e le circolari
Che la burocrazia rappresenti un fastidioso ostacolo con cui gli italiani devono periodicamente fare i conti, è cosa rinomata. Ma a certificare il tutto è arrivato uno studio confezionato dalla Cgia di Mestre, che ha rilevato come le file agli sportelli si siano fatte, nel corso degli ultimi 20 anni, sempre più lunghe. A mettersi in coda non sono solo singoli cittadini che si rivolgono agli impiegati delle Asl o dei Comuni, ma anche imprenditori che, sempre più spesso, scelgono di ingaggiare consulenti esterni. Nel tentativo di risparmiare un po’ di tempo. Le lungaggini della burocrazia italiana rischiano, infatti, di mettere i bastoni tra le ruote a chi progetta di mettere su un’attività. E il ritardo accumulato col resto d’Europa testimonia l’urgenza di intervenire per tempo sulla questione.
L’istantanea scattata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre prende le mosse dai dati forniti dall’Istat. Secondo i quali, dal 1995 al 2015, le file agli sportelli degli uffici pubblici italiani si sono fatte sempre più lunghe. La quota di persone costrette ad attendere per più di 20 minuti allo sportello dell’Asl è cresciuta, negli ultimi 20 anni, del 54,4%. Mentre quella di coloro che hanno dovuto attendere allo sportello dell’Anagrafe comunale addirittura del 104,6%. Detta in numeri: la coda che, nel primo caso, contava 33,8 persone nel 1995, nel 2015 è arrivata a contarne 52,2 (18 in più), mentre agli sportelli del Comune, il passaggio dalle 10,9 persone in fila nel 1995 alle 22,3 rilevate nel 2015 ha segnato un aumento di 11 unità. E se vi state chiedendo dove le cose sono andate peggiorando di più, sappiate che – in termini di percentuale – le file agli sportelli delle Asl sono cresciute (negli ultimi 20 anni) del 105,2% in Valle d’Aosta, del 90,3% in Emilia Romagna e dell’88,4% in Abruzzo. E all’Anagrafe? La Valle d’Aosta ha confermato il suo primato nazionale, con una crescita monstre stimata al 578,6%, seguita dall’Abruzzo (+551,5%) e dalla Liguria (+338,8%).
“Nonostante la diffusione dell’informatizzazione abbia consentito di aumentare la produttività del sistema pubblico – ha osservato il segretario della Cgia di Mestre, Renato Mason – in molti uffici, la fila agli sportelli non è cresciuta per colpa di chi ci lavora. Sono gli effetti di leggi, decreti e circolari scriteriate che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato la burocrazia complicando non solo la vita dei cittadini e delle imprese, ma anche quella dei dipendenti pubblici”. In parole povere, secondo il numero uno dell’associazione, la responsabilità del fatto che i cittadini italiani perdono sempre più tempo agli sportelli non è da imputare all’incapacità o all’indolenza dei dipendenti degli uffici pubblici, ma al legislatore che continua a complicare la situazione.
E le cose non vanno meglio agli imprenditori che devono aspettare mediamente 228 giorni per ottenere il permesso di costruzione di un fabbricato ad uso produttivo (contro i 188 della media europea) e 124 giorni per l’allacciamento di una rete elettrica (81 nella media Ue). Per non parlare delle dispute commerciali: il tempo impiegato dal Tribunale di Roma per risolverle supera i 1.120 giorni contro i 632 impiegati mediamente negli altri Paesi europei. “Secondo una recente indagine realizzata da Promo PA Fondazione – ha ricordato il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – l’81% delle imprese con meno di 50 addetti, vale a dire le piccole, è costretto a ricorrere a consulenti esterni per fronteggiare questo nemico invisibile: ovvero la cattiva burocrazia, di cui il 70% ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all’interno dell’azienda, mentre l’altro 11% si affida a terzi per tutte le incombenze. E’ evidente – ha concluso Zabeo – che se non si mette definitivamente mano a quel labirinto inestricabile di leggi, decreti e circolari varie che rendono la vita impossibile a milioni di piccoli imprenditori, corriamo il pericolo di soffocare la parte più importante della nostra economia”.
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