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Mia: ecco il nuovo reddito di cittadinanza

Il governo ha approntato il Mia, il nuovo Reddito di cittadinanza, che segna una discontinuità col passato soprattutto per quanto riguarda le politiche di inclusione attiva nel mondo del lavoro.

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A quanto sembra, non ci sarà almeno per adesso l’addio al discussissimo Reddito di cittadinanza, che però subirà modifiche sostanziali negli importi ed anche nel nome. Si dovrebbe chiamare infatti Mia (Misura di inclusione attiva), il nuovo sostegno previsto dall’esecutivo in carica con a capo Giorgia Meloni. Nel programma del governo c’era effettivamente l’addio al Reddito, ma in realtà non era mai stato detto che non sarebbe stato approntato un suo sostituto, un po’ meno generoso e, almeno nelle intenzioni, più mirato.  L’idea che sta dietro è quella di distribuire un po’ meno soldi, ma darli soprattutto a chi ha bisogno e non invece a quelli che potrebbero lavorare ma si adagiano sul sussidio statale o peggio lo prendono e poi lavorano in nero.

Due categorie

La bozza in 12 punti distingue due categorie di persone: gli occupabili e chi non può lavorare. Nel nuovo Mia è stata ridotta anche la durata del sussidio che ora è di 12 mesi. Rinnovabili ogni volta di 12 mesi, mentre adesso con il Reddito è di 18 mesi. La cifra messa a disposizione dal Governo dovrebbe essere di 500 euro se si ha in casa un minore, un disabile o un over 60. Mentre scende a 375 negli altri casi. Adesso il sostegno massimo è di 780 euro, assegno che però prendono in pochi visto che la media si è sempre attestata sui 500 euro. Questa stessa cifra è riservata ai single a ad i non occupabili per i quali il sussidio durerà comunque 18 mesi e bisognerà poi attendere un mese per rinnovarlo. Per gli altri, ovvero quelli considerati in grado di lavorare la cifra scende a 375 euro ed andrà poi a scalare, con una durata di 12 mesi. Per quanto riguarda l’Isee, per accedere al beneficio bisognerà averlo non superiore ai 7200 euro, contrariamente ad ora che è di 9360. La nuova misura dovrebbe partire direttamente nel 2023 a settembre e prevede anche maggiori controlli ed un’attenzione molto più forte alle politiche d’inclusione nel mondo del lavoro attraverso la formazione, cosa questa che era già stata parzialmente implementata attraverso alcune modifiche al Reddito di cittadinanza.

Misura giusta o sbagliata?

Come è ovvio che sia, visto che nemmeno si sa se entrerà in vigore così com’è, è impossibile dirlo. La filosofia che sta dietro è stata ripetuta più volte ed è quella di evitare una distribuzione a pioggia dei soldi pubblici che, a causa di varie inefficienze, risulta essere sì utile per quanto riguarda il contrasto alla povertà, ma inefficace per ciò che concerne la parte dell’inclusione nel mondo del lavoro. Sostanzialmente le persone prendono i soldi (pur pochi che siano) e con quelli in qualche modo tirano avanti, ma senza la speranza di poter mai trovare un lavoro con uno stipendio adeguato. Tecnicamente il Mia è una “misura nazionale di contrasto alla povertà e all’inclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di lavoro, di formazione, di istruzione, di politica attiva, nonché di inserimento sociale”. La parte più importante risiede nell’espressione “inserimento sociale”, che secondo molti l’attuale Reddito di cittadinanza ha un po’ tralasciato, anche se è effettivamente innegabile la sua utilità di contrasto alla povertà assoluta.

Perché cambiare tutto allora? Spesso i governi vogliono dare una propria identità alle misure che prendono per segnare una discontinuità col passato e far capire che vogliono far passare un messaggio diverso. In questo caso il messaggio è quello della razionalizzazione delle risorse, anche se è vero che sono già piovute diverse critiche. Secondo alcuni infatti il Mia sarebbe semplicemente un Reddito di cittadinanza al quale è stato cambiato il nome e tolto un 30% della sua portata economica. Ma stando a chi il Mia l’ha progettato esisterebbe invece un vero e proprio distacco col passato. Su chi ha ragione il giudizio è ora improponibile in quanto, prima di tutto il Mia deve passare al vaglio dei decisori e nel caso venisse veramente istituito così come è ora, bisognerebbe comunque aspettare diversi mesi se non anni per capire se sia stata o meno la scelta giusta. Certo è che, in ogni caso, bene ha fatto il Governo, a non cancellare del tutto la misura ed a mantenere un sostegno al reddito per chi è effettivamente non occupabile e per chi il lavoro regolare lo cerca davvero ma purtroppo non riesce a trovarlo.

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