Diciamo la verità: in qualsiasi modo la si pensi, al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, va riconosciuto il merito di parlare sempre chiaro. Rifuggendo le formule del politichese dietro cui si trincerano coloro che non vogliono esporsi fino in fondo. Dopo l’uscita sui laureati agée – “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21”, aveva dichiarato qualche giorno fa il ministro – Poletti è tornato a far parlare di sé con un intervento a gamba tesa sull’orario di lavoro che ha suscitato la reazione stizzita dei sindacati.
L’occasione gliel’ha fornita un convegno sul Jobs Act organizzato ieri alla Luiss di Roma, nel corso del quale il responsabile del Lavoro ha confermato la sua sete di riformismo. “Oggi le tecnologie ci consegnano più libertà – ha osservato – Il lavoro è un po’ meno cessione di energia meccanica ad ore e sempre più risultato”. “Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento l’ora di lavoro – ha puntualizzato il ministro – ma misurare l’apporto dell’opera. L’ora di lavoro è un attrezzo vecchio“. La proposta che Poletti ha consegnato ai ricercatori della Luiss è insomma quella di inserire nei contratti nuovi criteri per la definizione della retribuzione basandosi, ad esempio, sul raggiungimento dei risultati. Un ragionamento, il suo, che mira a prospettare nuove forme di partecipazione dei lavoratori all’impresa, mettendo da parte il monte ore che da sempre scandisce il loro compenso.
Una posizione inaccettabile per i sindacati. La prima a sbottare è stata la segretaria della Cgil, Susanna Camusso: “Bisogna smettere di scherzare quando si parla di temi del lavoro – ha detto – bisogna ricordarsi che la maggior parte delle persone fa un lavoro faticoso. Nelle catene di montaggio, le infermiere negli ospedali, la raccolta nelle campagne, dove il tempo è fondamentale per salvaguardare la loro condizione”. Ma anche il leader della Uil, Carmelo Barbagallo non le ha mandate a dire al ministro: “Ho la sensazione che si vogliano far passare per idee di modernità concetti da liberismo sfrenato – ha affondato il sindacalista – Un ministro del Lavoro non può pensare di affrontare temi del genere con annunci spot ad uso giornalistico. Se vuole affrontare questi problemi, noi siamo disponibili a sederci a un tavolo, ma cominciamo dal tema della partecipazione e poi, eventualmente, vediamo se per alcuni specifici lavori si possa ragionare secondo differenti logiche”.
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