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Perché è importante manifestare gratitudine per il lavoro che facciamo

Dire grazie alle persone che ci indispongono o alle situazioni che non ci fanno stare bene non è facile, eppure al lavoro sono loro che ci aiutano a crescere di più

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Stando alle statistiche, il lavoro è – insieme alle relazioni sentimentali – l’argomento che calamita più lamentele in assoluto. Lagnarsi del capo ingiusto o dei colleghi inetti è diventato un vero e proprio sport nazionale, un’abitudine consolidata che sembra rinfrancare dalla frustrazione accumulata nei giorni trascorsi a svolgere mansioni che appassionano poco. Eppure, per quanto possa sembrare esagerato, dovremmo manifestare gratitudine per il lavoro che facciamo ogni singolo giorno perché, a conti fatti, ci permette di crescere e di metterci costantemente alla prova. Anche e soprattutto quando non ci piace o ci costringe a fare i conti con situazioni moleste. Ma di cosa dobbiamo esattamente essere grati? Scopriamolo insieme.

Perché dobbiamo essere grati del lavoro che facciamo

L’esperta di lavoro, Candace Moody, ha approfondito la questione in un interessante intervento pubblicato sul suo blog che abbiamo letto e rielaborato in maniera personale. Ecco perché, secondo l’autrice statunitense, è importante manifestare gratitudine per il lavoro che facciamo:

Dobbiamo innanzitutto essere grati perché abbiamo un lavoro

Potrà sembrare banale, ma per quanto il nostro lavoro risulti talvolta sgradevole, è comunque la fonte di guadagno che ci permette di vivere decorosamente. Partiamo da questo per mettere tutto il resto in scala: poter contare su un’entrata mensile sicura ci consente di affrontare la quotidianità con una certa serenità che manca a chi, invece, un lavoro non ce l’ha. Sia ben chiaro: nessuno sostiene che dobbiamo accontentarci di quello che facciamo (specialmente se non ci piace o se mortifica le nostre capacità), ma mentre ci mettiamo alla ricerca di una posizione più rispondente alle nostre attitudini o aspirazioni, ricordiamoci di manifestare gratitudine per quello che abbiamo al momento. E’ un esercizio di umiltà che ci aiuterà a maturare un buon livello di consapevolezza.

Dobbiamo essere grati dei cambiamenti

Il cambiamento denota, di norma, la volontà di migliorarsi e di allinearsi alle richieste di un mercato che chiede sempre di più. Imparare cose nuove non è semplice (occorre spendere tempo ed energie e fare appello a una massiccia dose di buona volontà), ma se riusciremo a cogliere l’opportunità che ci si prospetta davanti, acquisiremo nuove competenze, accoglieremo con più slancio le novità e svilupperemo una capacità di resilienza che ci tornerà utile nei momenti meno propizi. Manifestare gratitudine per il lavoro che ci pone di fronte a continui cambiamenti significa riconoscere la convenienza di disporre di una mentalità flessibile, aperta e curiosa, in grado di neutralizzare le insidie della routine.

Dobbiamo essere grati ai nostri clienti

Cerchiamo di manifestare gratitudine nei confronti dei nostri clienti, anche quando sono indisponenti o eccessivamente esigenti. A conti fatti, sono loro che ci permettono di andare avanti (se iniziassero a non cercarci più, rischieremmo concretamente di rimanere a casa) e per questo, dobbiamo lavorare alacremente per far sì che i nostri servizi e i nostri prodotti vengano da loro apprezzati. Specie dai più intransigenti, di cui dobbiamo tenere in grande considerazione i giudizi per perfezionare ciò che risulta carente o rinnovabile. Le critiche costruttive sono la benzina di cui deve alimentarsi il motore che ci permetterà di percorrere strade sempre più gratificanti.

Dobbiamo essere grati a chi non ci piace

Potrà sembrare strano, ma il collega più insopportabile e saccente, quello che ci fa andare fuori testa, è il primo a cui dobbiamo dire grazie. Perché? Perché coi suoi modi di fare insolenti, ci costringe a fare i conti con una serie di limiti che possiamo gradualmente superare. Lavorare a stretto gomito con chi non ci piace ci insegna a gestire situazioni sgradevoli (nelle quali non ci sentiamo a nostro agio), a controllare le nostre emozioni, a contenere le nostre reazioni e a governare le idiosincrasie. Per riuscirci, dobbiamo fare appello alla nostra empatia e sforzarci di comprendere cosa ci provoca tanto fastidio. Potremmo scoprire che la nostra è una velata forma di invidia o che i suoi modi di fare devono essere letti in maniera meno superficiale. Evitiamo di essere precipitosi nei giudizi e proviamo a tendere la mano a chi ci piace poco, ma può aiutarci (più degli altri) a crescere umanamente e professionalmente.

Dobbiamo essere grati dei piani che saltano

Quando le cose non vanno come le avevamo preventivate, perdere il controllo e preoccuparsi è fisiologico, ma per quanto possa suonare paradossale, c’è sempre qualcosa da guadagnare. I problemi sono la dimostrazione di come il nostro modo di pensare e di agire non sia infallibile; analizziamoli a fondo e cerchiamo di scovare cosa c’è all’origine del malfunzionamento che ha scombinato i nostri disegni. Per crescere e migliorarsi, occorre realizzare che le avversità possono darci una grande mano, spronandoci a trovare soluzioni innovative, destinate a fare la nostra fortuna. Invece di piangerci addosso e domandarci: “Perché sta succedendo a me?”, sforziamoci di comprendere quale insegnamento possiamo trarre dagli inciampi che impediscono il nostro percorso. I fallimenti possono portare con sé cambiamenti importanti, irrobustire il carattere e incentivare l’umiltà di cui spesso deficitiamo. Manifestare gratitudine per i piani che saltano vuol dire, in definitiva, accettare le proprie imperfezioni e ripartire da esse per riprendere il cammino.

Coltiviamo la gratitudine per ciò che abbiamo e predisponiamoci positivamente nei confronti di ciò che vorremmo avere. Il migliore riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie ad essa”. (John Ruskin). 

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