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Reddito di cittadinanza, cosa accade alle somme non spese

Che cosa accade al reddito di cittadinanza se non viene speso entro il mese successivo a quello di accredito? Vediamo le ultime disposizioni

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Stando a quanto affermano gli ultimi dati ufficiali, alla fine della scorsa settimana le richieste di accesso al reddito di cittadinanza sono state quasi 950 mila, con un picco in Campania (più di 160 mila richieste), davanti alla Sicilia (poco oltre le 150 mila richieste). Buoni “contributori” anche le altre principali regioni italiane, con Lazio, Puglia e Lombardia con un volume di domande di accesso a tale strumento comprese tra le 80 mila e le 90 mila unità. Di contro, i meno interessati sembrano essere i cittadini di Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Molise.

reddito cittadinanza

Reddito di cittadinanza: i canali più utilizzati

Sul fronte degli strumenti utilizzati dai richiedenti per poter presentare la propria domanda, i centri di assistenza fiscale sembrano essere gli strumenti preferiti dai richiedenti, con quasi 710 mila domande sul totale di 950 mila istanze, davanti alle Poste, con circa 222 mila unità, e i patronati, con meno di 15 mila domande.

Le pratiche già liquidate

Passando poi alle statistiche sulle pratiche già oggetto di liquidazione, al 19 aprile risultavano processate quasi 473 mila domande oggetto di erogazione. Di queste, l’Inps rende noto che quasi 337 mila importi, cioè più del 70%, superano i 300 euro, con il 50% che riguarda il range tra 300 e 750 euro, e il 21% sale oltre i 750 euro. Solamente il 7% degli importi riguarderebbe invece una fascia di importo tra i 40 e i 50 euro.

Card reddito di cittadinanza: le somme non spese

Chiarito questo panorama statistico, rileviamo come le somme che vengono versate sulla carta del reddito di cittadinanza devono essere spese entro e non oltre il mese che segue quello dell’accredito, come previsto dalla disciplina di questo strumento.

Ma che cosa succede se il beneficiario della carta non spende tutto l’importo entro tale termine? Secondo quanto previsto dalla legge, il beneficio deve essere “ordinariamente” utilizzato entro il mese dopo quello di erogazione e, dunque, parrebbe che non si possa più utilizzare il credito superato questo termine.

Considerato che tale meccanismo potrebbe creare non poche difficoltà gestionali, un decreto del ministero del Lavoro dovrà comunque stabilire in che modo saranno effettuate le verifiche sugli importi spesi, presumibilmente mediante un automatico monitoraggio dei movimenti compiuti con la tessera stessa.

E fino a quando il decreto non verrà emanato? In questo caso, non sembra esserci possibilità di vedere decurtazioni sulle eventuali somme non spese. Dunque, fino all’entrata in vigore del decreto, ne deriva che il beneficiario potrebbe (il condizionale è d’obbligo) continuare ad usare le somme non spese anche i mesi successivi.

Una volta che il decreto entrerà in vigore, però, l’importo del reddito di cittadinanza accreditato mensilmente, non speso o non prelevato, sarà decurtato nei limiti del 20% del beneficio erogato, dalla mensilità successiva. In altri termini, non ci sarà alcun “addebito” sulla carta, o nessun storno dell’importo accreditato (cosa che, tecnicamente, avrebbe creato evidenti ostacoli, considerata la tipicità di strumento di debito della carta del reddito di cittadinanza), bensì una trattenuta sull’accredito del mese successivo.

Facendo un esempio, e ipotizzando che il beneficiario del reddito di cittadinanza abbia ottenuto nel mese 1 un importo di 500 euro, e non abbia speso 200 euro nel mese 2, la decurtazione sarà al massimo di 100 euro (ovvero, il 20% di 500 euro) nel mese 3. Nessuna sorpresa, comunque: tale meccanismo è infatti ben esplicitato all’interno dello stesso modulo con cui si chiede il reddito di cittadinanza, laddove viene precisato che il beneficio debba essere utilizzato entro il mese dopo quello di erogazione, “pena” la decurtazione del 20% dello stesso beneficio non speso o non utilizzato.

Riprendendo l’esempio precedente, considerato che l’importo non speso è stato di 200 euro, la decurtazione massima effettiva in tale fattispecie sarebbe stata di 40 euro (20% di 200 euro).

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