Il progetto Reddito di Promozione Sociale (Rps) vede la luce nel 2004 e mira sostanzialmente ad “uscire dalla logica di assistenzialismo”, come ha sottolineato l’assessore alle politiche sociali di Cernusco sul Naviglio Silvia Ghezzi. Trattasi di un insieme di interventi estremamente mirati ed altrettanto strutturati volti a facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro delle persone “fragili” e affette da disabilità, garantendo alle stesse un sostegno economico congruo nel periodo (più o meno lungo) di work in progress. Proprio a Cernusco, nel weekend si è tenuto un incontro esplicativo del progetto, dei risultati raggiunti in questi nove anni e del suo futuro. Alla tavola rotonda hanno presenziato anche il coordinatore di Rps, Roberto Codazzi di CS&L e il ricercatore specializzato in politiche del lavoro Francesco Giubileo. Rps è attivo nel distretto 4 Mi2, ovvero i nove Comuni della Martesana, in Provincia di Milano.
Come funziona? Il lavoro più interessante ed apprezzabile, nonché decisamente raro in Italia, svolto dai fautori di Rps è stato quello di “costruire delle reti” con le aziende e le cooperative del territorio. Una vera e propria impresa, soprattutto a livello organizzativo e sociale. Centrale per la buona riuscita del sistema di Reddito di Promozione Sociale, è la figura dell’operatore, che Codazzi ha definito un “mediatore socio-lavorativo”. L’operatore è la persona deputata ad aprire il dialogo con le imprese e presentare ad esse l’aspirante lavoratore. L’obiettivo è quello di “scavalcare le barriere all’ingresso” (Ghezzi), vale a dire permettere all’azienda e al lavoratore di saltare tutta quella parte riguardante l’invio del cv, la sua fredda analisi da parte del responsabile di turno ed il colloquio, in cui un individuo potrebbe tranquillamente non eccellere ma non per questo non saper lavorare correttamente. Questo è ancora più vero se si pensa che Rps è dedicato a persone che sono comunque in condizioni di sofferenza; disagi psichici temporanei o cronici (come ad esempio stati depressivi), problemi familiari di grave entità, lunga assenza dal mondo del lavoro, età avanzata rispetto alle esigenze del mercato.
Concretamente, nei comuni di riferimento, ogni anno vengono “attivate postazioni che presuppongono un percorso di presa in carico, finalizzato all'inserimento lavorativo” (Ghezzi). Il numero di tali postazioni dipende, come è ovvio che sia, dalle risorse disponibili. L’operatore ha il difficile compito di muoversi nel miglior modo possibile tra l’azienda contattata e la persona, che viene seguita per almeno 2 ore a settimana. Fondamentale è la conoscenza assoluta delle due parti in causa, infatti il mediatore di riferimento è sempre lo stesso per l’intero periodo in cui l’individuo è inserito in Rps. Il sostegno economico previsto è, “consistente: in Rps, quello dedicato ai disabili è di 500 euro e viene erogato direttamente dal Comune, anche in assenza di attività lavorativa” (Codazzi). Quello erogato dalla Provincia di Milano, ha aggiunto il coordinatore del progetto è di 220 euro.
Il Reddito di Promozione Sociale si pone come uno dei non numerosissimi esperimenti messi in piedi in Italia dagli anni 90 ad oggi, finalizzati all’istituzione di una sorta di reddito di cittadinanza. Tentativi, più o meno fortunati, che il ricercatore Francesco Giubileo ha ripercorso durante l’incontro di sabato, paragonandoli al progetto Rps e di cui daremo conto più dettagliatamente in uno dei prossimi articoli. La differenza più significativa è quella che vede Rps come un sistema prettamente centrato sulla persona da aiutare. Il funzionamento del suddetto sistema inoltre, è profondamente legato alla natura del tessuto imprenditoriale del territorio. Al contrario, quasi tutti gli esperimenti fatti fino ad ora, pur apprezzabili, si sono concentrati su un tipo di sostegno, per così dire, indiscriminato e massivo, per questo non in grado di comprendere a fondo le problematiche che sottostanno al rapporto tra il potenziale lavoratore in condizioni disagiate e l’impresa in procinto di assumerlo.
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