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Salario minimo, giusto o no?

In Italia si discute sul salario minimo, ecco cosa succederebbe se venisse introdotto.

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Tra le proposte che le opposizioni stanno avanzando nei confronti del Governo Meloni c’è anche quella del cosiddetto salario minimo. Una misura questa che esiste da diversi anni in vari stati europei e che però da noi fatica a decollare per una serie di ragioni. Ma cos’è esattamente il salario minimo? In poche parole è una cifra, praticamente calcolata sempre sulla retribuzione oraria lorda, che le aziende devono rispettare. Ovvero una volta fatta la legge, non possono pagare meno di quanto la stessa legge imponga, per nessuna ragione. Detta così la questione sembrerebbe piuttosto semplice, basterebbe insomma introdurre una norma ad hoc, come appunto in altri paesi, per risolvere una volta per tutte il problema dei salari troppo bassi. Questo ragionamento è giusto, ma non è completo. Sussistono infatti alcuni problemi da affrontare.

Tutti i nodi del salario minimo

Apparentemente la prima questione da capire è quella della cifra. Quanto deve essere il salario minimo lordo? Se si impone una misura del genere è necessario che questa permetta almeno la sopravvivenza per i destinatari del provvedimento. Ovvero bisognerebbe stabilire una cifra congrua, che generi uno stipendio mensile netto utile a fare una vita perlomeno dignitosa. Quale sarebbe però questa cifra? 8 euro? 10? 12? Ovviamente una differenza anche di pochi euro genera un esborso non indifferente per le aziende, che devono garantire quella cifra per tutti i dipendenti. Quindi una cosa da capire è anche se un sistema simile sia sostenibile. Cioè? Per spiegarci in soldoni, è vero che ci sono contratti assurdi da 5 euro lordi l’ora, ma è anche vero che se si mettesse il salario minimo a 12 euro forse quel tale servizio non potrebbe più essere erogato con conseguente perdita dei posti di lavoro. Allora il problema diventa: è meglio guadagnare poco, o non guadagnare per niente ed eventualmente cercarsi un altro lavoro più redditizio? Sembra una questione di lana caprina, ma tecnicamente non lo è. Se si stabilisce che ci vuole il salario minimo, bisogna anche comprendere esattamente quale sia la cifra limite sostenibile, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Altrimenti molto semplicemente tante aziende chiuderebbero e addio sia al salario minimo, che a quello sotto il minimo. Estendere i diritti va benissimo ed anzi è doveroso, ma va anche fatto con un certo buon senso, in modo da non impattare in modo tremendo sul sistema di cui sopra, che in certi casi potrebbe anche implodere.

Vi è poi un’altra questione da affrontare, anche se questa sembra essere un po’ più chiara. I detrattori del salario minimo sostengono che l’introduzione di una simile misura possa addirittura comprimere i diritti dei lavoratori. Questo perché molti contratti nazionali sono già più alti di un qualunque salario minimo. Quest’ultima frase è vera, ma sembra centrare poco con il concetto che sta dietro al salario minimo, che invece è appunto un semplice “limite” sotto il quale non si può andare. Ovvero? Ovvero, ovviamente dipende come viene fatta la legge. Se la ratio è quella di estendere i diritti, il problema evidentemente non sussiste. Se la ratio è contraria è palese che si crei un qualcosa di assolutamente sbagliato. Tecnicamente parlando i contratti nazionali vivono di vita propria e non c’è assolutamente nessun bisogno di andarli a toccare per introdurre un salario minimo. Quelli vanno semplicemente lasciati così e se sono più alti tanto meglio, quando eventualmente dovessero essere più bassi, non farebbero altro che crescere. Il salario minimo serve per regolamentare appunto i contratti troppo bassi, o alcune situazioni in cui addirittura non esistono contratti nazionali. Per fare un esempio tanto chiaro quanto veloce: se si mette il limite minimo di salario a 10 euro ed un contratto nazionale ne prevede 13, quest’ultimo deve restare a 13, mentre chi in un altro ambito ne guadagna 7, poi ne guadagnerà appunto 10. La questione sembra fin troppo semplice, a dirla tutta.

Quanto si guadagna col salario minimo

Come accennato, un salario minimo deve poter almeno garantire una vita dignitosa, ma allora di quanto deve essere? Facendo qualche calcolo veloce (e per natura approssimativo visto che le situazioni possono variare), una cifra di 12 euro orari lordi, corrisponde ad un netto di circa 8.50 netti. Calcolando un lavoro con un orario standard di 8 ore al giorno per 22 giorni stiamo parlando di una cifra molto vicina ai 1500 euro netti. E se il salario fosse di 10 euro lordi? In questo caso stiamo parlando di circa 7.50 netti, che calcolandoli sul mese alle stesse condizioni di cui sopra, permetterebbero di arrivare a guadagnare uno stipendio netto di poco oltre i 1300 euro. In Italia la cifra sulla quale si discute maggiormente è però quella di 9 euro, sempre lordi, che a grandi linee corrisponde a poco meno di 7 euro netti. Facendo comunque il calcolo sulla cifra tonda di 7 euro, ne uscirebbe uno stipendio di circa 1230 euro (netti). Va quindi compreso che, nel caso s’istituisse l’introduzione del salario minimo in Italia, lo stipendio di un lavoratore, non potrebbe sostanzialmente scendere sotto i 1200 euro.

Il salario minimo negli altri paesi

Come funziona negli altri paesi? Le nazioni dove vige un salario minimo sono molte, ma le differenze tra esse sono letteralmente enormi. Ciò ovviamente dipende dalla ricchezza del paese in questione e dal costo della vita al suo interno. Lo stato dove il salario minimo è più alto è il piccolo Lussemburgo, nel quale non si può scendere sotto i 2257 euro al mese. A seguire ci sono l’Irlanda, con 1774,50 euro e i Paesi bassi con 1725. In Belgio stiamo parlando di una cifra di 1658 euro, mentre la Germania, un po’ più in basso, ha stabilito che non si possa scendere sotto i 1621. Esistono però nazioni con salari minimi molto più bassi, come la Spagna, (1125), o la Slovenia (1074). Vi sono poi molte nazioni, come Polonia, Lituania, Portogallo, Slovacchia, dove il salario minimo scende sotto il 1000 euro. Lo stato in cui vige la cifra minore è attualmente la Bulgaria, con poco più di 330 euro al mese. Ovviamente non è possibile fare un confronto diretto tra paesi con salari molto alti e paesi con salari bassissimi. E’ chiaro infatti che il costo della vita nei secondi è infinitamente inferiore a quello esistente nei primi. E’ però un fatto che anche all’interno dell’Europa ci siano differenze gigantesche tra uno stato e l’altro.

Sostanzialmente l’introduzione di un salario minimo in Italia può certamente essere un’auspicabile misura di civiltà, visto che tra l’altro appunto esiste già in moltissimi paesi, con tutte le differenze del caso tra uno e l’altro. Come spiegato va però trovata la quadra del cerchio. Metterlo troppo basso non servirebbe all’estensione dei diritti ai quali i sostenitori della misura fanno riferimento. Metterlo troppo alto potrebbe provocare scossoni imprevedibili ad un mercato che potrebbe poi reagire più male che bene, generando chiusure di aziende che è pur vero che campano in qualche modo, ma che alla fine danno anche lavoro a persone che potrebbero invece restare senza. L’idea di metterlo a 9 euro (o anche a 10, facendo uno sforzo) non sembra malvagia, in quanto uno stipendio netto di 1200 euro, pur non essendo comunque granché, permetterebbe almeno una vita dignitosa ai suoi percettori, che potrebbero così uscire da uno status di cosiddetto “lavoro povero” a causa del quale pur avendo un impiego, magari anche stabile, non si riesce comunque a sbarcare il lunario in modo soddisfacente come dovrebbe invece sempre essere.

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