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Selezione del personale: le 3 caratteristiche del bravo reclutatore

Essere cortese, empatico e rispettoso: sono questi i tratti che non possono mancare al bravo selezionatore. Che deve prestare la massima attenzione alle risposte del candidato. Vediamoli nel dettaglio

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Quando pensiamo ai colloqui di lavoro, la mente corre automaticamente ai candidati che devono impegnarsi al massimo per sbaragliare la concorrenza. Ma riflettiamoci un attimo: a determinare il successo di un’intervista non sono solo le capacità di chi si propone, ma anche la bravura di chi seleziona. Che deve prestare la massima attenzione al suo interlocutore, coglierne i tratti salienti, metterli a confronto con quelli degli altri candidati ed elaborare un giudizio, in tempi relativamente stretti. Non è un compito di poco conto, soprattutto se si pensa che una scelta sbagliata può provocare seri danni all’azienda. Cerchiamo allora di capire quali sono le caratteristiche che deve avere un bravo reclutatore e in che modo può aiutare il candidato di turno a dare il meglio di sé.

Le 3 caratteristiche del reclutatore ideale

E’ vero: il reclutatore ideale non esiste così come l’impiegato ideale o il capo perfetto, ma esiste la possibilità di avvicinarsi all’idealizzazione che, di norma, si propone per intenderci meglio. Relazionarsi con chi si candida ad entrare in un’azienda è un lavoro delicato, che chiama in causa specifiche competenze – tecniche e trasversali – e caratteristiche ben definite. Ecco le 3 più importanti, almeno a nostro giudizio. Il bravo reclutatore:

Deve saper ascoltare

Chi si occupa di selezionare il personale deve senz’altro pensare alle domande da porre al candidato, ma deve soprattutto concentrarsi sulle sue risposte. Deve sfruttare al massimo il tempo a sua disposizione (che di solito non va oltre i 30-40 minuti) per farsi un’idea sufficientemente definita di chi ha di fronte e valutare se sia il caso di incontrarlo un’altra volta. La capacità di ascoltare fino in fondo quello che viene riferito e di cogliere sfumature che sfuggono ai più è uno dei tratti che non può mancare al buon reclutatore. Che deve ritagliarsi un ruolo apparentemente secondario per consentire al candidato di emergere e ricordarsi che, durante il colloquio di lavoro, deve ascoltare più che parlare.

Deve essere empatico

Per quanto si possa essere navigati o sicuri di sé, il colloquio di lavoro è una di quelle situazioni che procura sempre stress. E che può far andare nel pallone i candidati più agitati, inesperti e timorosi. Soprattutto se hanno la sfortuna di imbattersi in un selezionatore poco empatico, che non fa niente per metterli a loro agio. L’empatia – ovvero la capacità di entrare in connessione con gli altri – è una caratteristica fondamentale: chi non si sforza di mettersi nei panni di chi gli sta di fronte e non elabora (in tempo reale) una strategia tesa a far emergere il meglio dal suo interlocutore farebbe meglio a cambiare mestiere. Il colloquio di lavoro è un test importante, che deve consegnare indicazioni chiare al selezionatore, ma non può trasformarsi in un incontro di pugilato. Se il candidato stenta a rispondere e fatica a mantenere i nervi saldi, il reclutatore non deve infierire e mandarlo al tappeto. Ma sforzarsi di trovare una chiave che consenta alla “controparte” di affrontare serenamente il match e magari di assestare qualche colpo vincente. .

Deve essere diplomatico e cortese

Ad un selezionatore può capitare di tutto: il candidato borioso, che pensa di avere già ottenuto il posto, e quello timido, che non riesce neanche a guardarlo negli occhi; il candidato scherzoso, che eccede con le battute, e quello serio, che non accenna a un sorriso neanche quando si congeda. Se gli venisse concessa la possibilità di esternare apertamente tutto quello che pensa, sarebbe la fine. Il che non equivale a dire che, per essere un bravo reclutatore, bisogna essere falsi, ma che occorre essere dotati di una certa diplomazia. I selezionatori devono formulare le domande giuste, prestare la massima attenzione alle risposte e farsi un’idea compiuta su chi hanno davanti. E quando non apprezzano quello che vedono o ascoltano, non possono essere tranchant, ma devono avere tatto. Per quanto possa considerare sgradevole o inopportuna la persona che sta esaminando, il bravo professionista non può esimersi dal mostrarsi comunque cortese e rispettoso.

Chi valuta la possibilità di lavorare nelle Risorse Umane deve partire da qui. Se riconosce di non avere le tre caratteristiche elencate sopra, farebbe meglio a cambiare orientamento o ad organizzarsi per correre ai ripari. C’è chi pensa che quella del reclutatore sia una professione in cui eccellono soprattutto le donne (se non altro perché essendo, quasi tutte, dotate di istinto materno, riescono ad essere più empatiche ed accoglienti dei colleghi in giacca e cravatta), ma a noi pare che non se ne possa fare una questione di genere. Che sia uomo o donna, il bravo reclutatore deve sforzarsi di mettere l’interlocutore a proprio agio e restare in ascolto. Il buon esito dell’intervista dipende anche dalla sua disponibilità a collaborare col candidato.

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